lunedì 27 febbraio 2012

Gendarmi della memoria...


Miei cari, affezionatissimi lettori,

– mi rivolgo ai superstiti che ogni tanto tornano a curiosare in questo blog –, dopo oltre un anno di silenzio ecco che riprendo a scrivere qualcosa. Lo faccio per ospitare un giovane amico, uno studioso serio e promettente, che ancora conserva in sé un appassionato, acceso, intenso amore per la “Verità”. Faccio questo assai volentieri, anche se si tratta di un argomento molto particolare, perché sono convinto che in questo nostro declinante paese, se vogliamo sperare in un futuro comune – il solo che potrà consentirci di uscire dal coma – dobbiamo riuscire ad affrontare, al presente, la ricerca di una “verità” condivisa sul nostro comune passato.
Il processo attraverso cui la Storia “purifica” e semplifica, e riduce a grandi, intelligibili “schemi” chiarificatori è lungo, difficile, assai travagliato. Ma codesta purezza semplificatrice, di limpida intelligibilità è possibile solo a condizione che nella mente dello storiografo riesca a formarsi il necessario concetto: l’idea che “descrive” in quanto riesce a “digerire” la molteplicità – talora contraddittoria – dei fatti, dei particolari, degli infiniti accidenti in una visione che aspira ad una misura universale. Così c’è Guicciardini che scruta e c’è Machiavelli che sogna e respira grande e ammaestra gli uomini a rendere quel sogno possibile.
Con l’augurio di un proficuo lavoro a Marco Petrelli e un ringraziamento caldo alla Vostra paziente indulgenza,
Vi saluto,
b.s.

San Martino, 27 febbraio 2012

da
http://www.rinascita.eu/index.php?action=rubricanews&id=12055





di Marco Petrelli


Eugen Delacroix, Il massacro di Scio, 1823


Periodo non facile per la ricerca storica a Terni. Dopo il convegno di Pietro Cappellari (Istituto storico Fondazione RSI) e del Centro Studi Nadir, il 4 giugno, il passato resistenziale del ternano è stato posto sotto analisi e scandagliando documenti d’archivio, sono emerse circostanze e vicende ben poco onorevoli: ritorsioni e violenze dei partigiani comunisti ai danni di civili, come la giovanissima Iolanda Dobrilla, sedicenne violentata e fatta saltare in aria con una bomba a mano.
Ricerche che si affiancano alle pubblicazioni di Marcello Marcellini, l’avvocato locale che, negli ultimi due anni, ha dedicato tre volumi (l’ultimo in uscita) alla Brigata Garibaldina “Antonio Gramsci”, ricostruendo episodi dimenticati e ridimensionando gli eventi affrontati dalla storiografia resistenziale, negli ultimi 60 anni.
Alle proteste dell’ANPI, geloso custode di un’identità storico-politica che pare inviolabile, si aggiungono le intimidazioni rivolte al Marcellini, il quale è stato oggetto anche di una scritta, a caratteri cubitali, sul muro della biblioteca comunale.
Così come nella serie televisiva Ai confini della realtà (poi fortunata pellicola di John Landis), si è creata una situazione molto border line, con sindaco, assessore alla Cultura e Capogruppo di Rifondazione comunista in Regione che, anziché prendere le distanze da atteggiamenti poco civili, si scagliano pubblicamente contro studi storici, trattando la materia come qualcosa di strumentale ed infondato.
Compiamo un breve excursus, per avere un’immagine più chiara della situazione. Nel mese di giugno Nadir e Cappellari rendono pubblici documenti dell’Archivio centrale di Stato del 1939, nei quali i futuri capi della formazione partigiana Antonio Gramsci compiono atto di sottomissione a Benito Mussolini, chiedendo la grazia per un arresto e una detenzione preventivi, in occasione della visita di Adolf Hitler in Italia. Sorpresi a distribuire un giornale clandestino, i dirigenti della cellula comunista che fa capo a Claudio Bracci finiscono dentro, per poi essere di lì a poco scarcerati per insufficienza di prove. Ma non vi sono soltanto atti di sottomissione tra le carte d’archivio: da alcuni documenti emerge il proposito di divenire informatori della Questura e della polizia segreta. Nel volume di Mauro Canali e Sara Galli, Le spie del regime,(Mulino 2004), gli autori pubblicano in appendice un elenco fino ad allora inedito, contenente più di 600 nomi di informatori e delatori.
Tra questi anche i futuri capi della Gramsci e poi del Pci ternano nel dopoguerra.
Quindi, verso la fine di agosto su Il Fondo di Miro Renzaglia, è apparso l’articolo Falsi storici. Quei fascisti fatti passare per partigiani. Vi si denuncia la presenza di almeno quattro nomi di repubblichini sulla lapide dedicata ai caduti della Resistenza, affissa al muro di Palazzo Farini, pieno centro di Terni. Fucilati per errore dai tedeschi dopo una delazione a scopo di lucro, quei morti fascisti non furono rivendicati dalle famiglie, bensì ‘recuperati’ dai comunisti nel dopoguerra ed inseriti tra le “proprie” vittime della guerra civile. Oltre a scolpire i loro nomi sul marmo, gli storici degli anni cinquanta li descrissero come fiancheggiatori dei partigiani. Peccato che, uno come Ugo Tavani, fosse tutt’altro che antifascista, essendo stato ufficiale medico della Guardia Nazionale Repubblicana e prefetto fascista di Leonessa (RI).
Poi l’estate e, a settembre, altre novità. Un’associazione di ex ultras locali denuncia il vilipendio ad una lapide sui monti di Polino. Ghiotta occasione per un nuovo attacco al revisionismo. Damiano Stufara, capo gruppo del Prc in Regione Umbria, così sentenzia: “(Vigilare) affinché non siano concessi luoghi o palazzi istituzionali alle manifestazioni delle associazioni che si richiamano all’ideologia fascista. [...] E a non rileggere il passato diversamente da quanto la storia ufficiale ha sancito”. Più o meno la ripresa del dogma già espresso dal sindaco di Terni Leopoldo di Girolamo che, a inizio diatriba, il 13 giugno di quest’anno aveva solennemente dic huiarato: “Furono i partigiani e i combattenti alleati che liberarono la nostra città dall’oppressione nazifascista e dagli orrori della guerra, e questo dato di fatto inoppugnabile nessun revisionismo storico più o meno attendibile e interessato potrà mai cancellarlo dalla nostra memoria condivisa”.
Pietra tombale – verbale – sulla possibilità di qualsiasi forma di dissertazione storica su un evento sul quale ancora c’è molto da discutere, a partire dalle considerazioni degli inglesi dell’VIII Armata che sottolinearono come la Gramsci fosse entrata a Terni solo alcuni giorni più tardi.
La ricerca storica viene dunque infilata in tinture di colore politico, con i revisionisti “neri” da un lato e custodi della memoria (rossi) dall’altro. Una manovra mirante ad isolare l’opera di storici in buona fede tacciandoli di essere asserviti a logiche sporche, di partito o più semplicemente d’essere un circolo ristretto di accaniti “nostalgici”. Ma soprattutto una manovra col fine di isolare e mettere nell’angolo una pratica di ricerca storiografica. Come dichiarato dall’assessore alla cultura Simone Guerra “il solco storico e culturale di Terni che non può essere soggetto a facili revisionismi e a riletture storiche di parte”. E così il pregiudizio diventa dogma perché un ambiente cittadino, politico e culturale, resta determinato a tenere salda una memoria preconfezionata, saldamente legata ad interessi di controllo di una popolazione che, dalle aule scolastiche ai luoghi di lavoro, è soggetta ad un processo di spersonalizzazione e di educazione coatta, spingendo. La ricerca di una verità diversa da quella profilata da intellettuali e studiosi di partito è severamente vietata.

sabato 25 dicembre 2010

I pifferi...




I pifferi di montagna partirono per suonare e tornarono suonati.
Così pare sia dell’Italico “Chupa” e di tutto il suo Club. Ma è Natale, sarò buono!
Però, anche a questo giro quanti ce l’hanno col Berlusca sembrano destinati a prenderlo in “saccoccia”. L’ometto dalle nove vite, vi dirò, sta cominciando ad essermi simpatico.
L’ho sentito in questi giorni, un paio di volte, in televisione, sotto tiro, e non se l’è cavata punto male. Al momento non vedo nessuno al suo livello, Pare abbia davvero “una marcia in più”.
Ovviamente non intendo esprimere alcun giudizio di merito. Quanto ritengo di poter osservare, visti gli attori in commedia, intende avere solo un carattere “accademico”, per intendersi, del medesimo genere di quello che posso esprimere sull’attuazione di certe strategie che ho visto applicate qua e là nella storia da certi personaggi, e che lo confesso hanno destato bel più che la semplice ammirazione.
Eppoi in questi giorno ho visto con piacere, lo confesso, il progressivo affievolimento delle luci della ribalta sul signor Presidente della Camera, il quale, finito lo show del “quarto d’ora del dilettante”, si è subito gettato a capofitto nell’atto finale: il coronamento della serie di cazzate (in termini politici, beninteso) di cui è stato ideatore ed attore negli ultimi anni, sempre seguito da un drappello di sciocchi: i soliti utili idioti.
Il signor Presidente della Camera ha sentito il bisogno di rivendicare una propria autonoma leadership, così, dopo aver gettato alle ortiche il partito che gliene garantiva una (Alleanza Nazionale), ha fondato col Cavaliere il PdL, appunto per mettersi all’ombra della sua, di leaderscip (certo assai più forte e credibile). Poi, dopo aver inferto un colpo mortale alla Destra Nazionale, e non contento, con inopinate ed estemporanee dichiarazioni sinistresi, aver aiutato a crescere l’antinazionale partito della Lega Nord, poi, dicevo, sedotto dalle voci suadenti della sinistra, che su tutte le note dai bisbigli alle grida non perdevano occasione per proclamarne la grandezza, ha inteso gettare alle ortiche anche il PdL. Come si dice, buttando tutto assieme: sia il bambino che l’acqua sporca. E ora? E ora, continuando a prendere per imbecilli i vecchi compagni di strada, pardon, camerati, cerca di recuperare un consenso elettorale proclamandosi di destra, cosa che fa ripere dai vari “chupa” , mentre nello stesso momento, ancora ignaro che il tempo del “dilettante” è terminato, si appresta costruire il “terzo polo”, appunto per riaffermare la propria leadership, visto che né Casini, né Rutelli intendono rivendicare la propria. Terzo polo, insomma, che come noto, invece di collocarsi a destra, rivendica il proprio spazio al centro dello scieramento politico, dove ovviamente, secondo tradizione democristiana, è più agevole praticare la "politica" dei due forni. Poveraccio!
Mi ricorda Occhetto. Rammentate? Sì, “la gioiosa macchina da guerra!”
Sai che risate! Il mio caro amico Giuseppe, che coerentemente ha seguito Storace, usa ripetere: –ride bene chi ride ultimo – e soggiunge: – ed io non ho ancora riso!

Buon Natale!

Bruno Stepic
San Martino, 25 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

"andremo vedendo", disse il cieco




comparse e figuranti

Ho seguito in questi giorni, mio malgrado, i “conati” di rivolta verso i tagli alla spesa per la Cultura. Siamo in un paese dove molti sono stati abituati a vivere parassitariamente sulle spalle degli altri e quindi anche codesti “conati” hanno una loro giustificazione storica. A farla breve, anzi telegrafica.

Mi domando, con una certa preoccupazione, cosa succederà a tanti giullari televisivi che ogni sera ci intrattengono con la loro satira, ormai arcilogora se non addirittura grottesca, su Berlusconi, allorquando costui uscirà di scena. Perché prima o poi anche lui uscirà di scena. Mi auguro, seppure con qualche timore che non possa avverarsi, che anche costoro escano di scena.

Si diceva un tempo, riferendosi a certi paradossi: “anche le querce fanno limoni”. Solo quattro decenni fa gli studenti scendevano in piazza per “lottare” contro i “baroni”. Era il ’68. Oggi invece scendono i piazza per difendere i privilegi dei “baroni”, che tengono per le palle gli studenti i “precari” e i ricercatori. Già, ricercatori. Molti di questi alla ricerca “parassitaria” di un nulla, in un sistema di “sistemazioni” a catena in corsi di laurea ed istituzioni inutili che servono solo ad alimentare un moloc fatto di posti e clientele.

La stampa e la tv fanno a gara a tratteggiare il ritratto di Berlusconi. Lo raffigurano in tutte le pose. Nessuno che prenda la briga di raffigurare adeguatamente Casini, Rutelli e Fini. Vere e proprie comparse. Figuranti. Certo un nulla in confronto al cavaliere. Rispetto a loro ne sorte come un vero Titano. Ed è pure basso.

Hanno smesso di parlare della casa di Montecarlo. Si sono dimenticati del Tulliani. Nessuno che si sia preso la briga di interessarsi al primo contratto, quello con cui AN cedeva l’immobile ad una società offshore. Perché non tentare di risalire a chi si celava dietro codesta società?

Un tempo si diceva: “tanti nemici tanto onore”. Qualcuno mi insegnò che nobilitare l’avversario rendeva più nobile me e la mia battaglia. Certo con Bersani che sale sui tetti…

Fin tanto che un popolo sopporterà di vedere, ma anche intravedere, la Dandini… Il cavaliere continuerà a vincere, anzi stravincere. Peccato che sia già vecchiotto.

Le Coop hanno introdotto il lettore ottico per velocizzare le procedure di acquisto (e ridurre il numero delle cassiere). Poi hanno introdotto le casse automatiche, per velocizzare il servizio alla clientela (e ridurre ulteriormente il numero delle cassiere). Ma la Coop è di sinistra, anzi ha origini comuniste. E’ perciò, notoriamente, dalla parte dei lavoratori. Certo non dalla parte del profitto. Anzi, rammentate? Lavorare meno per lavorare tutti.

b.s.

San Martino, 8 dicembre 2010 (Immacolata concezione)

giovedì 28 ottobre 2010

... avevo preconizzato

I nani










Il 21 aprile scorso scrivevo: “…Il signor F. potrebbe trovare appoggio fra le comparse che stanno in fondo al baule del Teatro dei Burattini: una masnada di perdigiorno, di mediocri personaggi in cerca d'autore, quasi sempre postulanti che finora non hanno trovato risposta alle proprie richieste e covano rancori sordi, lividi, viscerali perché hanno visto spesso preferire per le liste elettorali o le nomine negli enti gente assai più mediocre di loro (discorso lungo, codesto, da riprendere a parte). Cosicché codesta eterogenea brigata di ambigui accidiosi, rancorosi scatarranti delusi e frustrati, incapaci di decidere tra la masturbazione o un salto nell’Udc, o fra gli applausi a Santoro e iscriversi alla Lega, potrà forse trovare sotto la condotta di F. la propria - nuova - missione. Così nani e ballerine da una parte, armata Brancaleone nel mezzo, e il resto del bordello a far festa di là, sai che piacere!”
Sembrava cattiveria, pareva proprio improntato a cattiveria codesto mio dire, codesto preconizzare il futuro. Invece no! Non starò a dire il luogo né, tanto meno, per buon gusto, i nomi delle “nobili” casate, ma in questa mia provincia di confine è proprio ciò che sta accadendo. Mi immagino sia lo stesso anche più in là. Dappertutto.
Tanto che un piccolo, piccolissimo pregio a codesto condottiero da operetta, a codesto utile idiota di turno devo riconoscerlo: l’abilità del Pifferaio magico, che con suo flauto, prestatogli per l’occasione dal manipolo di burattinai che lo sta spupazzando, sta menandosi dietro una interna brigata di sorci, ratti e pantegane puzzolenti.
Li porterà loro malgrado ad affogare "contenti" in uno stagno mefitico quanto loro, si spera così ripulendo la nostra aria ammorbata, anche se questo accadrà piano piano. E si estenderà, voglio augurarmi, tanto da ripulire questa nostro paese. Basta cominciare, basta rifarsi da una parte, vero Alessiuccio?
Qualcuno si è lamentato con me perché non ha trovato altri scritti. Alcuni hanno pensato che fossi caduto per l’amarezza. State tranquilli amici miei, che malgrado tutto continuate a seguire questo blog, a inviarmi saluti, richiami, appelli, e-mail. State tranquilli, come vedete ci sono sempre.
E’ solo che fuggo, appena possibile, a corroborarmi lo spirito fra le vette silenziose, dove l’aria è limpida, tersa, fredda, pulita. E cerco più a lungo possibile di dimenticare queste paludi melmose, fradice, maleodoranti. Dove trovo sempre più difficile fare ritorno, anche se solo come spettatore disgustato.
Perdonerete.

Vostro, Bruno Stepic
San Martino, 28 ottobre 2010, San Simone
(Marcia su Roma)





i nani riprodotti - in questo caso stupendi - sono opera di Diego Velasquez

mercoledì 25 agosto 2010

Sciascia docet

Quinta categoria: quacquaraquà









Cari amici, la nebbia pian piano si è diradata mostrando, in quest’ultimo mese, uno scenario assai squallido, assai più di quanto si potesse immaginare. La patente d’imbecillità col corollario di cialtroneria che veniva qui attribuita per motivi politici e non per altro, rimane con tutta la sua efficacia, ma lo scenario si è allargato ad aspetti che personalmente non avremmo neppure immaginato. Anche utilizzando criteri assolutamente caserecci di scienza della politica, ovvero adottando la semplice «diligenza (intellettuale) del buon padre di famiglia» scaturiva dall’analisi dei comportamenti della ditta Fini & C. un agire politico incomprensibile, schizofrenico, assurdo, punto in linea con gli interessi dei sostenitori di Alleanza Nazionale, fossero questi iscritti al partito o semplici elettori, né con i veri interessi della nostra intera comunità nazionale, quegli interessi che sostenendo ad ogni titolo A.N. si intendeva andare a realizzare e tutelare.
Probabilmente non sapremo mai come stanno le cose sulla questione del quartierino nel Principato, né sapremo mai nulla di altre trappole e intrallazzi. Resterà comunque sempre, nel migliore dei casi, l’incertezza, l’amaro sospetto.
Resterà la certezza che mentre tutti noi avevamo a cuore i destini della nostra Nazione, il futuro nostro e dei nostri figli, questa gente pensava a come meglio realizzare il proprio interesse particulare, sia vilmente economico sia poveramente ambizioso.
Resterà la certezza che mentre noi affidavamo ingenuamente il nostro destino a chi doveva lottare per la “giusta causa”, questi si serviva dell’altrui onestà, dell’altrui buonafede, degli altrui ideali, per realizzare i propri disegni personali, assecondato e seguito e coadiuvato da una manica di beoti a vari titolo, quando non compagni di merende.
Andremo avanti lo stesso, forse faticosamente, dovendo ricostruire da capo pressoché tutto, certo non gli ideali e i valori ai quali siamo stati educati e che tutt’oggi, ancor più decisamente, intendiamo realizzare.
b.s.

San Martino, 25 agosto 2010
Immagini: Luca Signorelli, Orvieto

domenica 20 giugno 2010

Nella nebbia


Tengo famiglia


Cercare oggi di capire cosa succede è come tentare di orientarsi nottetempo nelle fitte brume della bassa ferrarese. E siccome la lingua batte dove il dente duole, come si usa dire, tenterò di muovere dall’amato Cav. B. – si fa per dire –. Non dirò certo – per non accodarmi ai molti – che costui è un coglione (del resto imprenditorialmente avrebbe dimostrato il contrario, ed anche se con gli aiutini – come molti sostengono – , ha comunque dimostrato di saperci fare), ma certo è uno che con le sue uscite estemporanee e molto del resto dimostra di non sapere cosa sia la politica ma ancor peggio di non sapere cos’è il paese che pretende di governare. Intendo storia anima tradizioni difetti contraddizioni papato divisioni animosità malcostume mafia e via discorrendo (non ho volutamente usato le virgole proprio perché di una liquida confettura si tratta). L’ultima trovata imbecille è stato il PDL (che peraltro Partito si chiama ma non è). E partito non è, tanto per rifarsi da una parte, proprio perché costui un Partito non vuole. In primo luogo perché una struttura del genere sarebbe presto capace di esautorarlo promuovendolo a Presidente e mettendolo da parte. Eppoi c’è l’odio (anche giustificato) di un certo mondo per i partiti, conseguenza del disatri generati dalla partitocrazia della cosiddetta Prima repubblica. Inoltre al Cav. B. non frega proprio nulla del futuro di questa Nazione, e quindi non importa proprio nulla che si vada pur lentamente strutturando una classe dirigente adeguata a governarla nei decenni futuri. Egli infatti preferisce, com’è evidente, il mondo dei camerini o degli spogliatoi degli stadi, dove può attingere a man salva, per cooptazione, i nani e le ballerine in un luogo o i giocatori dismessi nell’altro per alimentare la propria corte di giullari. Tutti personaggi (o comparse della politica) baciati da una sfacciata fortuna che si guardano bene anche di bisbigliare, nel timore che il sogno finisca d’un tratto, inopinatamente com’è cominciato. Al Cav. B. non frega nulla neppure che negli oltre ottomilacinquecento comuni di questo Paese i consiglieri comunali parlino il medesimo linguaggio, perseguano gli stessi fini, si ispirino ai medesimi modelli culturali. Facciano pure come gli pare, ovvero come estro comanda lì per lì, senza disegno. E poco importa che nei tre comuni confinanti ciascuno, senza guida e indirizzo dica l’esatto contrario degli altri colleghi, un modo come un altro che hanno costoro per distinguersi nel quadro di differenti collocazioni di camarilla all’interno del cosiddetto Partito o pseudo tale. Si tratta del sistemino delle continue guerricciole per bande e banderuole che ogni giorno è messo in scena da una variopinta compagnia costituita per lo più da orfani e fallitucci di altre formazioni, da vocazioni tradite, da comunisti convertiti, da preti mancati, puttanelle redente e suffragette fuori tempo massimo. Tutti personaggi in cerca d’autore e marioli sgomitanti in cerca di spazio, costretti a convivere loro malgrado con qualche persona per bene ancora illusa che si tratti di una cosa seria e che il fine sia il bene di tutti.
Com’è possibile tutto ciò, si dirà! Sì, è possibile! Grazie ai comunisti e ai democristiani e compagnia parlando, grazie al troiaio che ancor oggi il PD incarna con gli occasionali compagni di strada, con i Popoli Viola e via dicendo, con le Dandini, i Crozza, i Santoro, i Travaglio, ecc. per non riavere i quali gran parte degli italiani preferisce la m. del Cav. B. la quale mangia a grandi cucchiai da minestra, quasi fosse Nutella.
Tornando alla questione di prima, al Cav. B. insomma non importa proprio nulla che in questa grave, gravissima vacanza della politica, che cresce e consolida da anni (ma non frega, sembra, neppure ai suoi competitors) lo spazio ogni volta venga estemporaneamente occupato da comitati e coordinamenti vari di salute più o meno pubblica tutti affisi a perseguire il proprio interesse particolare, ancorché legittimo, ma altrettanto assolutamente incapaci di quella visione generale dell’interesse comunitario vero che solo la Politica (con la "P" maiuscola) può perseguire e realizzare.
Senza contare, tornano ai nani ed alle ballerine (quest’ultime – esteticamente parlando – mi stanno particolarmente a cuore), che il Partito del Cav. B. è stato preso, da molti cuculi senza nido, come la culla dove allevare i propri piccoli a spese e in danno altrui. Intendo dire che formazioni politiche (di pretesca ispirazione) con molti aspiranti al comando o ai vari palcoscenici istituzionali, ma senza un corpo elettorale che ciò permettesse, hanno pensato bene (secondo il costume curiale) di colonizzare codesto ventre di vacca (dove i voti ci sono), per infiltrare i propri, farli crescere e rinforzare, ma al contempo subdolamente operare e far danno di divisione seminando discordia (come del resto da secoli vanno facendo in danno di ogni unità che non li veda protagonisti), intelligendo con l'avversario, predicando il non voto e se possibile per distruggere ogni cosa come fanno per solito i parassiti o le quinte colonne. Penserà qualcuno che io sia un visionario o un mangiapreti. Purtroppo no, non lo sono, anche se qualche filino legato al dito... Tutto ciò il Cavaliere consente col suo non Partito, con i suoi nanetti e le ballerine sculettanti, col suo comitatone elettorale, con i suoi "quadri dirigenti" che non dirigono un bel nulla in questa sorta di "comandi chi può ed obbedisca chi vuole" in cui consiste oggi il PDL. Popolo delle Libertà, sì, di fare ciascuno come crede: caos, anarchia totale. Il paradosso? Fini che denunzia la mancanza di democrazia interna. Proprio lui! Ma lasciamo perdere...
Torno un po' indietro, al nunzio vobis fatidico. Ecco che il Cav. B., dato che codesto casino (che già a Forza Italia dava il carattere distintivo), non gli pareva sufficiente, folgorato (o mal consigliato) da tanto pensiero si alzò sul predellino in quel di piazza San Babila ed annunciò l’ulteriore ammucchiata: il PDL. Luogo dove insieme al Gianfranco voleva anche il Pier Ferdinando, perché a turno lo sodomizzassero (immagino). Ciò, politicamente intendo, a tutto vantaggio, dell’Umberto padano. Che imbecille! Politicamente parlando, s’intende!
Insomma, qui l’imprenditore fallisce: cerca l’unità forzata, impossibile, laddove tutto dimostra differenza e divisione, laddove contraddittoriamente egli stesso opera per aumentare codesta divisione e il più totale frazionamento; laddove occorrerebbe diversificare l’offerta, andando a coprire quegli spazi che lasciati liberi non potevano che far crescere l’elettorato e le pretese leghiste, sempre più condizionanti e sempre più riducenti il margine di un primato proporzionale all’interno della coalizione.
Complice di tutto questo il sig. Gianfranco F., il quale oggi giustamente contesta la mancanza di quell'oligarchia che avrebbe voluto e denuncia la monarchia, rimproverando ciò che anche un ragazzino sarebbe arrivato a comprendere, se, come lui, avesse avuto ben quindici anni per conoscere e valutare il Cav.B. Così oggi distingue, storce il naso, vuol contare, aizza i suoi alla rissa, alla bagarre interna, raccoglie nel suo seguito di periferia altra carne da cannone: alcune brave e oneste e ingenue persone insieme ad un certo numero - la maggioranza – di schiantati di testa, di avventurieri che vedono in lui, ingenui pure loro epperò in malafede, un ombrello che li metta al riparo dall’essere cacciati a breve a calci nel culo, mentre non si accorgono che così lo saranno sicuramente, forse più tardi.
Bel risultato – certo da grande ed illuminato politico – ha conseguito costui (G.F.). Ha gettato alle ortiche un Partito di grande tradizioni politica e culturale e con esso ha regalato alla Lega (il proprio nemico naturale) gran parte del proprio elettorato, fatto inevitabile per l’ambiguo ed ottuso linguaggio di codesta formazione di pseudo destra (certo non Nazionale), ma anche per le clamorose stupidaggini con cui ha condito con puntualità il proprio dire da "Salomone" da avanspettacolo. Ha inoltre, rinunciando al potere contrattuale che deriva dall’essere capo di un Partito politico e dall’amministrare formalmente un consistente pacchetto elettorale, ha portato con sé un sacco di brave persone che, ora si ritrovano nella m. Il cosiddetto occhialetto nel gioco della dama: da un lato restare col Cav: B. con tutti i disagi che ciò comporta, vista la multiforme ed odorosa compagnia, dall’altro continuare a dar dietro a un personaggio che preferisco non definire come merita per non andare incontro a querele. D’altra parte anche per me, comprenderete, vale il motto nazionale: “ Tengo famiglia!”.

Bruno Stepic
San Martino, 20 giugno 2010 – S. Silverio Papa, S. Ettore

mercoledì 21 aprile 2010

Verso la Terrasanta

La posta del bracconiere






Io non sono un berlusconiano. Né provo molta simpatia per lui. Epperò sul momento non vedo alcuna alternativa seria, purtroppo. Certo Fini non è una alternativa. Così per intanto mi disgusto con questo teatrino, vi dirò, assai scontato, dato che in qualche modo, seppure da questo mio osservatorio da bracconiere, sistemato alla bell’e meglio frai rami, l’avevo già da tempo previsto, come ben sanno quanti mi onorano della loro attenzione.
Il signor F. avrebbe certo blaterato e sbattuto la porta se nulla nulla il Cav. ne avesse buscate alle ultime elezioni. Ma non è andata così. E allora delle due una: o chinare il capo davanti al monarca chiedendo pietà o, molto democristianamente, imboccare una viottola mediana: me ne resto dentro e continuo a romperti i coglioni. A fare la coscienza critica! Ah che bella e santa, santissima cosa la coscienza critica, il pungolo, lo stimolo la riflessione e la misurazione della pressione. Sì, sto qui come a Lourdes a invocare la democrazia interna…
Ecco! Ci vuol proprio una faccia come il culo. Ma quale democrazia! Il figuro ha liquidato un partito con un congresso farsa, risibile; un congresso che si è consumato come semplice formalità in una ventina di minuti. Il democratico!
Già, sto deviando dal discorso, ma è solo che mi brucia il non sapere cosa ne ha fatto di tutte le sedie e tavoli, gli armadi, i libri e le stufe che tanta brava gente come i miei vecchietti avevano donato per arredare alla meglio le squallide aule del partito! Andiamo avanti.
Cosino, lì, brontola perché non vuole lo strapotere della Lega, ovvero si incazza perché il Berlusca decide tutto coll’Umberto e il Bertoldino di quest’ultimo a cena in quel di Arcore. Si incazza (magari come gli suggerisce il Ferrara o qualche altro mutante) perché lui non lo invitano. Ma dico, come fanno ad invitare un beota come quello, a che fine. Ridacchiano semmai! Ma non glieli ha regalati proprio lui più di metà di quei voti alla Lega? Non ha ceduto ogni cosa per un piatto di lenticchie, e ora? Cos’ha da recriminare! Non se lo è alienato lui il suo elettorato?
Mi pare di rileggere le Avventure di Pinocchio, solo che qui il protagonista resta molto antipatico: saccente invece che ingenuo. – Vengano vengano… Da questa parte! È il teatro dei burattini! – Non raccontava grosso modo così Carlo Collodi?
Così ora, se riesce a scamparla, non gli resta che leccarsi le dita, dato un partito politico suo non ce l’ha più. Ma non gli basta, non contento delle cretinerie inventate finora continua con pertinacia a far danni.
Sta di fatto che facendo la propria conta ha fatto anche quella del cavaliere che acquisendo al proprio asse un gran numero di ex A.N. esce personalmente rafforzato (con questo non intendo dire che ne uscirà rafforzato anche il governo). Tanto rafforzato che sarà probabilmente indotto ad incrudire le proprie posizioni, riducendo ulteriormente quegli spazi di democrazia interna, sostanzialmente risibili, ma oggi solo strumentalmente denunciati come tali da F.
Quale sarà la conseguenza di ciò alla lunga? Il signor F. potrebbe trovare appoggio fra le comparse che stanno in fondo al baule del Teatro dei Burattini: una masnada di perdigiorno, di mediocri personaggi in cerca d'autore, quasi sempre postulanti che finora non hanno trovato risposta alle proprie richieste e covano rancori sordi, lividi, viscerali perché hanno visto spesso preferire per le liste elettorali o le nomine negli enti gente assai più mediocre di loro (discorso lungo, codesto, da riprendere a parte). Cosicché codesta eterogenea brigata di ambigui accidiosi, rancorosi scatarranti delusi e frustrati, incapaci di decidere tra la masturbazione o un salto nell’Udc, o fra gli applausi a Santoro e iscriversi alla Lega, potrà forse trovare sotto la condotta di F. la propria missione. Così nani e ballerine da una parte, armata Brancaleone nel mezzo, e il resto del bordello a far festa di là, sai che piacere! Ci manca solo che invece di Godot torni - come sembra -Marrazzo!
Ora il Cav. a mio vedere, dovrebbe risolvere la questione alla spiccia, dato che non può punto permettersi di non fare quelle riforme (a cominciare da quella fiscale) che gli italiani si attendono. Basta che lo metta in condizione di andarsene, ovviamente facendogli assumere, nel farlo, la responsabilità della eventuale caduta del governo e di altrettanto possibili elezioni anticipate. Questa la partita che il Cav dovrebbe giocare (anche d'azzardo), pena un lungo insopportabile estenuante logoramento.
Perché, cari i miei amici, morto Tatarella che di F. era la mente, questo ha giocato tutte le partite a casaccio, facendo finta di fare lo statista, parola di cui non conosce neppure il significato, a meno che non alluda a quegli scarponi che ho lasciato laggiù, sotto l’albero.

Bruno Stepic

San Martino, 21 aprile 2010 (Sant’Anselmo, San Silvio)
ma, Natale di Roma