domenica 20 giugno 2010

Nella nebbia


Tengo famiglia


Cercare oggi di capire cosa succede è come tentare di orientarsi nottetempo nelle fitte brume della bassa ferrarese. E siccome la lingua batte dove il dente duole, come si usa dire, tenterò di muovere dall’amato Cav. B. – si fa per dire –. Non dirò certo – per non accodarmi ai molti – che costui è un coglione (del resto imprenditorialmente avrebbe dimostrato il contrario, ed anche se con gli aiutini – come molti sostengono – , ha comunque dimostrato di saperci fare), ma certo è uno che con le sue uscite estemporanee e molto del resto dimostra di non sapere cosa sia la politica ma ancor peggio di non sapere cos’è il paese che pretende di governare. Intendo storia anima tradizioni difetti contraddizioni papato divisioni animosità malcostume mafia e via discorrendo (non ho volutamente usato le virgole proprio perché di una liquida confettura si tratta). L’ultima trovata imbecille è stato il PDL (che peraltro Partito si chiama ma non è). E partito non è, tanto per rifarsi da una parte, proprio perché costui un Partito non vuole. In primo luogo perché una struttura del genere sarebbe presto capace di esautorarlo promuovendolo a Presidente e mettendolo da parte. Eppoi c’è l’odio (anche giustificato) di un certo mondo per i partiti, conseguenza del disatri generati dalla partitocrazia della cosiddetta Prima repubblica. Inoltre al Cav. B. non frega proprio nulla del futuro di questa Nazione, e quindi non importa proprio nulla che si vada pur lentamente strutturando una classe dirigente adeguata a governarla nei decenni futuri. Egli infatti preferisce, com’è evidente, il mondo dei camerini o degli spogliatoi degli stadi, dove può attingere a man salva, per cooptazione, i nani e le ballerine in un luogo o i giocatori dismessi nell’altro per alimentare la propria corte di giullari. Tutti personaggi (o comparse della politica) baciati da una sfacciata fortuna che si guardano bene anche di bisbigliare, nel timore che il sogno finisca d’un tratto, inopinatamente com’è cominciato. Al Cav. B. non frega nulla neppure che negli oltre ottomilacinquecento comuni di questo Paese i consiglieri comunali parlino il medesimo linguaggio, perseguano gli stessi fini, si ispirino ai medesimi modelli culturali. Facciano pure come gli pare, ovvero come estro comanda lì per lì, senza disegno. E poco importa che nei tre comuni confinanti ciascuno, senza guida e indirizzo dica l’esatto contrario degli altri colleghi, un modo come un altro che hanno costoro per distinguersi nel quadro di differenti collocazioni di camarilla all’interno del cosiddetto Partito o pseudo tale. Si tratta del sistemino delle continue guerricciole per bande e banderuole che ogni giorno è messo in scena da una variopinta compagnia costituita per lo più da orfani e fallitucci di altre formazioni, da vocazioni tradite, da comunisti convertiti, da preti mancati, puttanelle redente e suffragette fuori tempo massimo. Tutti personaggi in cerca d’autore e marioli sgomitanti in cerca di spazio, costretti a convivere loro malgrado con qualche persona per bene ancora illusa che si tratti di una cosa seria e che il fine sia il bene di tutti.
Com’è possibile tutto ciò, si dirà! Sì, è possibile! Grazie ai comunisti e ai democristiani e compagnia parlando, grazie al troiaio che ancor oggi il PD incarna con gli occasionali compagni di strada, con i Popoli Viola e via dicendo, con le Dandini, i Crozza, i Santoro, i Travaglio, ecc. per non riavere i quali gran parte degli italiani preferisce la m. del Cav. B. la quale mangia a grandi cucchiai da minestra, quasi fosse Nutella.
Tornando alla questione di prima, al Cav. B. insomma non importa proprio nulla che in questa grave, gravissima vacanza della politica, che cresce e consolida da anni (ma non frega, sembra, neppure ai suoi competitors) lo spazio ogni volta venga estemporaneamente occupato da comitati e coordinamenti vari di salute più o meno pubblica tutti affisi a perseguire il proprio interesse particolare, ancorché legittimo, ma altrettanto assolutamente incapaci di quella visione generale dell’interesse comunitario vero che solo la Politica (con la "P" maiuscola) può perseguire e realizzare.
Senza contare, tornano ai nani ed alle ballerine (quest’ultime – esteticamente parlando – mi stanno particolarmente a cuore), che il Partito del Cav. B. è stato preso, da molti cuculi senza nido, come la culla dove allevare i propri piccoli a spese e in danno altrui. Intendo dire che formazioni politiche (di pretesca ispirazione) con molti aspiranti al comando o ai vari palcoscenici istituzionali, ma senza un corpo elettorale che ciò permettesse, hanno pensato bene (secondo il costume curiale) di colonizzare codesto ventre di vacca (dove i voti ci sono), per infiltrare i propri, farli crescere e rinforzare, ma al contempo subdolamente operare e far danno di divisione seminando discordia (come del resto da secoli vanno facendo in danno di ogni unità che non li veda protagonisti), intelligendo con l'avversario, predicando il non voto e se possibile per distruggere ogni cosa come fanno per solito i parassiti o le quinte colonne. Penserà qualcuno che io sia un visionario o un mangiapreti. Purtroppo no, non lo sono, anche se qualche filino legato al dito... Tutto ciò il Cavaliere consente col suo non Partito, con i suoi nanetti e le ballerine sculettanti, col suo comitatone elettorale, con i suoi "quadri dirigenti" che non dirigono un bel nulla in questa sorta di "comandi chi può ed obbedisca chi vuole" in cui consiste oggi il PDL. Popolo delle Libertà, sì, di fare ciascuno come crede: caos, anarchia totale. Il paradosso? Fini che denunzia la mancanza di democrazia interna. Proprio lui! Ma lasciamo perdere...
Torno un po' indietro, al nunzio vobis fatidico. Ecco che il Cav. B., dato che codesto casino (che già a Forza Italia dava il carattere distintivo), non gli pareva sufficiente, folgorato (o mal consigliato) da tanto pensiero si alzò sul predellino in quel di piazza San Babila ed annunciò l’ulteriore ammucchiata: il PDL. Luogo dove insieme al Gianfranco voleva anche il Pier Ferdinando, perché a turno lo sodomizzassero (immagino). Ciò, politicamente intendo, a tutto vantaggio, dell’Umberto padano. Che imbecille! Politicamente parlando, s’intende!
Insomma, qui l’imprenditore fallisce: cerca l’unità forzata, impossibile, laddove tutto dimostra differenza e divisione, laddove contraddittoriamente egli stesso opera per aumentare codesta divisione e il più totale frazionamento; laddove occorrerebbe diversificare l’offerta, andando a coprire quegli spazi che lasciati liberi non potevano che far crescere l’elettorato e le pretese leghiste, sempre più condizionanti e sempre più riducenti il margine di un primato proporzionale all’interno della coalizione.
Complice di tutto questo il sig. Gianfranco F., il quale oggi giustamente contesta la mancanza di quell'oligarchia che avrebbe voluto e denuncia la monarchia, rimproverando ciò che anche un ragazzino sarebbe arrivato a comprendere, se, come lui, avesse avuto ben quindici anni per conoscere e valutare il Cav.B. Così oggi distingue, storce il naso, vuol contare, aizza i suoi alla rissa, alla bagarre interna, raccoglie nel suo seguito di periferia altra carne da cannone: alcune brave e oneste e ingenue persone insieme ad un certo numero - la maggioranza – di schiantati di testa, di avventurieri che vedono in lui, ingenui pure loro epperò in malafede, un ombrello che li metta al riparo dall’essere cacciati a breve a calci nel culo, mentre non si accorgono che così lo saranno sicuramente, forse più tardi.
Bel risultato – certo da grande ed illuminato politico – ha conseguito costui (G.F.). Ha gettato alle ortiche un Partito di grande tradizioni politica e culturale e con esso ha regalato alla Lega (il proprio nemico naturale) gran parte del proprio elettorato, fatto inevitabile per l’ambiguo ed ottuso linguaggio di codesta formazione di pseudo destra (certo non Nazionale), ma anche per le clamorose stupidaggini con cui ha condito con puntualità il proprio dire da "Salomone" da avanspettacolo. Ha inoltre, rinunciando al potere contrattuale che deriva dall’essere capo di un Partito politico e dall’amministrare formalmente un consistente pacchetto elettorale, ha portato con sé un sacco di brave persone che, ora si ritrovano nella m. Il cosiddetto occhialetto nel gioco della dama: da un lato restare col Cav: B. con tutti i disagi che ciò comporta, vista la multiforme ed odorosa compagnia, dall’altro continuare a dar dietro a un personaggio che preferisco non definire come merita per non andare incontro a querele. D’altra parte anche per me, comprenderete, vale il motto nazionale: “ Tengo famiglia!”.

Bruno Stepic
San Martino, 20 giugno 2010 – S. Silverio Papa, S. Ettore