mercoledì 25 febbraio 2009

merito e competenza








Sono stato educato, politicamente intendo, in un partito politico dove non c’erano posti da spartire. Nemmeno nel lontano orizzonte. E quanto alle poltrone (quelle modestissime sedie regalate da qualcuno che acquistandone di nuove le avrebbe altrimenti gettate) nessuno le voleva, o quasi, dato che costituivano un impegno che andava dal tenere aperta la sezione o la federazione all’attacchinaggio dei manifesti. Ma l’educazione politica, cioè alla politica, non era in codesto. Costì si imparava l’umiltà e il “servizio”, che ciascuno dedicava gratuitamente ai “valori”, agli “ideali” che vedevano come fine l’interesse della Nazione e del suo intero popolo. Costì, nella emarginazione, ma pure nella esaltazione talora commovente che coglieva chi, andando per raccattare qualche soldo, si trovava in case dove qualche soldo andava magari portato, e dove, invece, si trovavano persone sorridenti, contente di vederti, di incontrarti e di offrirti quel poco che avevano per la nobile causa. E rammento le corse, con la macchina prestata da questo o da quello, con un cancelliere del tribunale al seguito, per raccogliere le firme sotto le candidature, al fine di poter presentare la lista. E rammento pure che un paio di volte, codeste firme, ce le dettero anche i “compagni” del Pci, nella rossa Toscana, affinché si potesse far danno ai democristiani.
Ora, tutti questi ricordi, mi sono tornati alla mente, perchè sono stato politicamente nutrito, dicevo, con l’idea che l’interesse generale, a cui tutti avevano il dovere di contribuire, meglio era realizzato se si riusciva a privilegiare la “competenza”, fondamentale in chi aveva il compito di amministrare la cosa pubblica; ovvero il merito, che ciascuno doveva acquisire con l’impegno e col sacrificio personale, necessari all’acquisizione delle competenze occorrenti al bene generale. Ora, ripeto, e intendo farlo anche se risulto (come dicono) prolisso e noioso, tutti questi ricordi, mi sono venuti alla mente, stamani, leggendo due articoli pubblicati da Libero, a firma di Salvatore Dama, PROVE TECNICHE DI PDL AN E FI SI DIVIDONO LE REGIONI a pag. 6 (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVVXP ) e PARTITO PESANTE: SETTE LIVELLI DI POTERE a pag. 7. (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVVXU )
In codesti due articoli, apprendo, ma già lo sapevo, che la logica che presiede alla formazione del Pdl è meramente spartitoria. Insomma, il solito mercato bovino. Uno a te, due a me. All’incirca così! Senza punto tenere conto che, per realizzare il vero interesse Nazionale, in un Partito che si rispetti e che codesto punto consideri come primo del proprio programma, occorrerebbe che il criterio fosse quello della competenza e del merito. Insomma, se il Partito è il medesimo, con un unico statuto, con contenuti politici e culturali condivisi da tutti, che senso ha codesta logica spartitoria? Certo, lo so benissimo, ma voglio essere volutamente ingenuo, dato che di furbetti ce ne stanno pure troppi! D’altra parte, qualcuno che recita il ruolo del grillo parlante... E il Fini, non era stato educato come me? E non aveva blaterato le stesse cose, gli stessi concetti... No! Si sono dimenticati tutto! Questione di affari, e poltrone. Ora rammento, anche prima doveva essere a codesto modo, ricordo il libro: Trizzino, Navi e Poltrone! Sì, ma allora... gli abiti dei moralizzatori, dei salvatori della Patria...
E certo che se poi qualcuno s’incazza, ha le sue buone ragioni, dato che sebbene non sia ammissibile, mai, che la “casta” politica faccia i propri porci interessi, questo risulta assolutamente insopportabile allorquando la Nazione versa in uno stato di crisi comatoso, o quasi. Una pietosa condizione nella quale, crisi mondiale a parte, proprio codesta categoria l’ha colpevolmente gettata, facendo di ogni tempo un tempo di vacche grasse. Privilegiando il proprio interesse e quello di amici, compari, conoscenti e benefattori all’interesse generale.
Un costume, anzi un malcostume, così generalizzato, cronico e dilagante, che non ha risparmiato nessuno, meno che mai i “moralizzatori di turno”, compagni ed ex compagni delle cosiddette regioni rosse, da sempre gestori di un articolato e pervasivo sistema di potere. Un socialismo reale (affaristico) da far impallidire, per la sua efficienza drenante, anche i forchettoni socialisti di un tempo.
E la cose non paiono punto mutare nemmeno con la nuova gestione Pd, dato che il Franceschini si è portato dietro, un vero esercito di amici ex Dc, tutte bravissime persone per carità! Come emerge chiaramente attraverso nomi e cognomi, competenze, provenienza leggendo l’articolo Primi schiaffi a Franceschini... di Luca Telese pubblicato ieri dal Giornale http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVG09 . Strano che nel Pd non ci fosse nessun altro all’altezza di coadiuvarlo.

Bruno Stepic

San Martino, 25 febbraio 2009

martedì 24 febbraio 2009

Arriva De Mita




Chi, con un po’ di pazienza, avesse voglia di dare un’occhiatina, potrebbe leggersi l’articolo pubblicato oggi da Libero, a pagina 14, a firma di Salvatore Dama, Mara (Carfagna) fa il miracolo: De Mita va col Pdl. (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVG0M).
L’avevo preconizzato? Ero stato bravo? Niente di tutto ciò. Né bravo né indovino. Era nell’aria. Anzi, nell’ordine naturale delle cose. Non solo perché i carri dei vincitori sono sempre molto affollati; non solo perché si continua a darsi gomitate per cercare di salirvi, ma principalmente perché il vecchio motto nazionale “o Franza o Spagna basta che se magna!” ha dilagato come una epidemia, colpendo indistintamente tutti gli strati sociali. Certo molti sono risultati portatori sani, altri decisamente indenni. Meno male! (Troppo pochi, pero!)
E credetemi, non intendo sparare nel mucchio, alla cieca. Ma sarà sufficiente sostituire il “Berlusca” alla Franza e il buon Prodi alla Spagna e il richiamo proverbiale farà subito le sue vittime.
La cosa incredibile, per un Selvaggio (un alieno fa lo stesso), che per disavventura capitasse da noi, e leggendo ciò che accade tentasse di farsi un’idea, di esprimere un giudizio, sarebbe il riuscire a comprendere come, mentre da un lato ci si accapiglia e si disquisisce per giorni su questioni moralmente speciose come quella recente di Eluana (voglio sottolineare che al riguardo la cosa potrebbe avere strascichi – strumentali – tali da determinare perfino una rottura clamorosa in seno al Pd), impalcando questioni di principio dalle quali è (come giusto che sia) impossibile prescindere; dall’altro lato, invece, e contestualmente al primo, alcuni cambiano schieramento, transumano armi e bagagli da una coalizione all’altra con una nonchalance che dovrebbe indurre tutti a meditare. Seriamente. Perchè a mio modesto vedere tale costume è spia significativa dei mali profondi che affliggono il nostro popolo, la nostra Nazione.
Certo, cambiare idea... cambiare idea è lecito, anche doveroso talora, allorquando attraverso un serio e spesso doloroso processo di approfondimento ci si rende conto che la “verità” in cui oggi si crede è differente assai da quella di ieri. Ma la questione non è punto questa. Qui siamo di fronte al solito mercato delle vacche (con tutto il rispetto per le quadrupedi). Qui le idee, i progetti politici, gli obiettivi strategici, le finalità culturali, sono assolutamente indifferenti, anzi, parrebbero addirittura intercambiabili.
Leggendo l’inizio (il disgusto mi ha impedito di andare oltre) della tesi congressuale di Alleanza Nazionale, ho appreso che non rinuncerebbero a nulla del patrimonio ideale e morale della Destra: allora, a farla breve, se più in là trovano le medesime cose, potevano certo accorgersene prima, invece di far perdere tempo a tanta brava gente... Si sarebbe benissimo potuto confluire nella vecchia DC, o con il vecchio PSI, o con i Radicali, tutta gente (onestissima, per carità!) che a buon diritto potrà attendersi di essere nel PDL, come AN, senza rinunziare a nulla delle proprie idee, dei propri valori (insomma: nella “Grande ammucchiata” c’è tutto, e posto per tutti!). Immagino che da ultimo non resterà neppure quella piccola differenza cui la Bardot teneva così tanto!
E’, amici cari, il solito modo per infinocchiare il prossimo, “fingendo” di trovare a se stessi delle giustificazioni, eppoi, magari, delle nobili motivazioni anche. Nient’altro.
Sai – potrebbe confessarmi un amico, – mi conviene... e, con quattro figli piccoli, la moglie che non lavora,... di questi tempi! – Fosse così, capirei!
E’ vero, si potrà obiettare, che gli opposti schieramenti, in nome del processo bipolare, a caccia di quel 2-3% che poteva dare la vittoria elettorale, hanno cercato di scolorire le proprie posizioni per acquisire consensi dall’elettorato centrista, finendo in un amorfo pragmatismo opportunistico (del resto la differenza è oggi marcata non tanto nei contenuti politici quanto nell’amore o nell’odio per Berlusconi); è altrettanto vero che i disastri dovuti alle regalie di Stato, alle politiche clientelari della DC prima e del Centro Sinistra poi, del Pci, Pds, Ds... nelle cosiddette Regioni rosse, hanno ridotto il Paese al collasso totale; forse ad uno stato comatoso irreversibile. Ma è altrettanto vero che, se, tutto sommato, nessuno può far uscire il malato dal coma, se oramai differenze terapeutiche sono impossibili per l’annullamento pressoché totale delle differenze dottrinali degli opposti schieramenti,... è altrettanto vero, dicevo, che se le cose stanno in questo modo, tanto vale assumere dal mercato due o tre bravi manager, o qualche buon curatore fallimentare, e far tornare a casina, con grande risparmio di danari e di inutili chiacchiere, l’esercito di politici più o meno mercenari, di più o meno abili capitani di ventura, di cui ci siamo dotati.
Per concludere: non vedo differenze sostanziali in chi, di qua o di là, può tranquillamente scambiarsi questo o quel giocatore. Come credo, visti i fatti, non la vedano neppure codesti giocatori deambulanti, perchè se la vedessero dovrebbero certo sentirsi un po’ maiali!
Eppoi, i valori, la dignità personale, la dirittura morale, che sono? Posso tentare? Inutili sovrastrutture culturali! Ho risposto bene?

Bruno Stepic

San Martino, 24 febbraio 2009

lunedì 23 febbraio 2009

Si può fare? ...E s'è visto!





Non ho alcuna idea di cosa potrà accadere nei prossimi mesi. Ma ho già visto l’inizio, almeno per quanto concerne il PD, e facendo una battuta (leggera leggera ad un “vecchio” militante Pci, oggi con responsabilità di governo locale in un capoluogo di provincia) ho còlto subito più che disagio.
Anzi, malgrado i buoni rapporti personali, ho visto il mio conoscente irrigidirsi: ho avvertito un subitaneo mutamento d’umore. Proprio quello che avevo intuito sarebbe accaduto. – Dovremo parlarne! – (di Franceschini, intendeva). Ed ha chiuso il discorso salutando e allontanandosi frettolosamente, come per impedire un prosieguo della conversazione.
Ora, intendendo evitare frettolose ed incaute valutazioni, e non potendo estendere ad universali una risposta laconica, mi asterrò dal commentare il fatto. Epperò devo dire che l’inizio di codesto mo’ nato capetto non mi è punto piaciuto. Si dirà: – Hai fretta?... Proprio tu, che dici sempre che l’uomo si giudica dopo morto!
E’ vero. Ma è altrettanto vero che nella società dell’effimero, nel mondo della comunicazione, nell’universo della veicolazione mediatica dei simboli, codesta scenetta del giuramento sulla carta costituzionale, col “papà” lì accanto (si perché a Ferrara il babbo si chiama così) mi ha dato l’idea, la sensazione direi, di un che di patetico. E’ vero, il papà di Franceschini, è stato un resistente, un partigiano. Niente da dire, ma lì accanto, ad una ventina di metri c’è proprio il muro dove furono fucilati in diversi: un episodio resistenziale arcinoto, che molti anni fa dette spunto anche ad un film di Florestano Vancini: La Lunga Notte del 43. Forse come referenza, come sorta incipit programmatico, avrebbe potuto dare il segno di un maggiore spessore, che non il papà,... che, conoscendo assai bene l’ambiente, vien da immaginare poco dopo, in allegria, davanti ad un buon piatto di cappelletti fatti in casa.
E come dimenticare il frate ferrarese (Gerolamo Savonarola), poco lì dietro effigiato nel marmo, in piedi sulla pira, ad arringare il popolo sulla dissoluzione dei costumi. Cosa meglio sarebbe stato indicato per dichiarare tutto un programma con un atto simbolico, e denunciare al contempo, altrettanto simbolicamente ma assai efficacemente, la dissoluzione morale del suo dichiarato e odiato nemico, e dei costumi del mondo che costui rappresenta (e gestisce). Un modo, codesto, da fustigatore, che avrebbe altresì conteso la scena a Di Pietro, anche se solo per un attimo.
Oppure, come non tenere conto dell’acqua del Po che, seppure assai limacciosa, inonda il fossato del castello lì dietro. Quanti significati “magici”, avrebbe potuto innescare nella fantasia popolare; quante metafore efficaci un uomo d’intelligenza vivace avrebbe potuto trovare o escogitare. Altro che l’ampolla del Bossi! E invece no! Neppure un accenno a quelle acque verdacce e opache; nemmeno un accenno all’opera, al lavoro faticoso di tutto un popolo (che quelle acque, parafrasando Foscolo, affatica).
E che dire, della Costituzione... Un modo per rammentare al Pd dello "zoccolo duro" che fra i suoi padri vi fu il compagno Togliatti... (ma non glielo ha detto nessuno che certi confronti vanni evitati? – Sant’Antonio e il maiale! – C’è il rischio di far sentenziare!). E non solo. La Costituzione c’è, è lì, è di tutti. Cerchiamo di non smaialarla facendone un giocattolo da usare, da logorare ogni dì con tutte le puttanate che possono venirci a mente. Non induciamo altri a credere che dato che è così si può farne ciò che si vuole. Ad associarla ad un mondo “sconfitto”, perdente, in progressiva e rapidissima estinzione.
Patetico questo Franceschini, proprio patetico. E non c’è la peggio! Per un politico non c’è cosa peggiore. Ancor peggio di quando il suo amico pronunziò la fatidica frase (che non era nemmeno sua!) Si può fare! E s’è visto, quello che ha saputo fare. Quel coglione! Borioso.

Bruno Stepic

San Martino, 23 febbraio 2009

sabato 21 febbraio 2009

in cauda venenum




Alla mia età, cari amici, non ci si dovrebbe stupire più di nulla. Epperò, permettetemi, se non proprio stupore, un po’ di perplessità... I fatti recenti dalla vittoria strepitosa del “monarca” negli “Stati Sardi”... la caduta di Veltroni; l’auto candidatura di Parisi (coda con pungiglione di Prodi); la forse nomina di Franceschini alla reggenza Pd (che significa continuare a volersi male); eppoi il cosiddetto Decreto sicurezza... Mi lasciano, consentiteni l’eufemismo, assai “perplesso”.
Non che io sia tifoso del Pd, per carità! Ma credo che una seria opposizione sia necessaria. Ora invece a me pare che l’opposizione fatta dal Pd, ancora sbracata, ancora offensiva, sia da ritenere come una delle principali cause della sua disfatta. Un’altra mi pare di individuarla nella “forzatura” dello stesso bipolarismo, che è ad un tempo opposta ragione di vita e disfatta del Pd medesimo (come lo sarà della Pdl), allorquando il Berlusconi (legante dei partiti e catalizzatore di consensi) verrà meno. Intendo significare che all’interno dei due opposti schieramenti hanno trovato temporaneo albergo forze che sono per loro natura antiunitarie, le quali hanno nel loro “dna” il seme della disgregazione. Alludo alla genia infame degli ex democristiani, che mirano, ovunque vadano (con la slealtà che li caratterizza) ad esercitare la propria infausta primazia, mal adattandosi a soggiacere all’altrui primato, all’altrui leadership, al bisogno che la nostra Nazione ha di unità e più di quella laica distanza che i fatti della storia passata e le esigenze dell'assetto moderno degli Stati richiedono.
Ex democristiani, pronti (come dimostreranno alla uscita di scena di Berlusconi, unico impedimento attualmente efficace) a coagularsi nuovamente in unico partitone centrista sotto l’egida di Santa Madre Chiesa. Faranno prestissimo a dare di fascisti agli uni (con buona pace di Gianfranco Fini); di gretti razzisti agli uomini dell’Umberto Bossi; di vetero comunisti agli attuali compagni di strada della sinistra Pd... Una soluzione codesta che già mi pare scalpitare, attraverso “l’insospettabile” (per i trascorsi radicali) opera di Francesco Rutelli,.. e di altri.
E a parer mio, con buona pace di chi la pensa diversamente, la banda Casini & C. dal cosiddetto centrodestra... l’uso strumentale che viene fatto di Famiglia Cristiana (iperbolico, ma spia significativa); le continue esternazioni dei vescovi... l’opera demolitrice della Sinistra democratica prima richiamata a mano di quel beota incompetente assoluto di politica che si chiama Veltroni, poi di tutta la compagine ex Dc variegata di Teodem,... di colore prodiano ecc.., se unita alle infaticabili attività di D’Alema all’interno e del martellante Tonino Di Pietro all’esterno, produrranno presto lo sfascio totale dal quale la sinistra italiana non potrà riaversi per decenni, e consentiranno quella ri-aggregazione centrista cui prima facevo riferimento.
Del resto gli italiani (col loro voto) sembrano attendere proprio questo.
Mala tempora currunt.

Bruno Stepic

San Martino, 21 febbraio 2009

lunedì 16 febbraio 2009

Aspettando De Mita



Ho qui davanti a me i Proverbi Toscani raccolti da Giuseppe Giusti. L’ho sfogliato anche ieri, ma non ho trovato quello che cercavo. Non c’è! Devo ricorrere quindi alla memoria.
Si dice: Quando popolo mormora se non è gatta nera certo sarà bigia! Ma io non credo nei mormorii: per me, com’è giusto che debba essere, perché una colpa sia certa si deve attendere l’ultimo grado di giudizio.
Si dice ancora: Non c’è fumo senza arrosto! Certo si dirà, ma una cosa è che l’arrosto sia un bel porcellino, altra cosa che siano stoppie, ovvero un bel fuoco di paglia. Perciò non mi fido punto del fumo! Ma continuano, insistenti: Voce di popolo, voce di Dio! E mi vien da pensare, ma codesto Dio, non fu proprio inventato ad inganno del popolo? (Lo diceva anche nonno Marx!)
Insomma, si sarà capito: sono garantista; non mi fido e non mi piacciono i processi sommari; non mi piace punto il “dagli all’untore”, in specie dove tutti dicono: “son tutti ladri”, eppoi si mettono a rincorrerne uno solo, per linciarlo, perché anche gli altri mascalzoni han gridato: “E’ un ladro! Dagli, quello è un ladro!”
Insomma da ultimo può andare a finire come quella volta, che in croce ci misero il povero Cristo e il mascalzone Barabba fu libero. Succede quasi sempre così. Il popolo,... il popolo! (C...! Ora che ci ripenso: è quello stesso popolo che sta ad ore incollato davanti alla tv... insomma: la De Filippi, il Grande Fratello, le Soap....)
Epperò, rammento che codesto signore, il Mastella, stava insieme a Casini col Berlusconi: e girava per comizi dicendo un gran male degli altri; poi, dopo un po’ passò di là, dicendo un gran male di Berlusconi e dei suoi; ora, va bene che di là non l’hanno amato come dovevano,... va bene che lo guardavano come quando ci si guarda la suola dopo aver pestato una m...; va bene che Di Pietro non lo poteva vedere... che voleva lui il suo posto... Ma insomma per risposta ha sbattuto il suo amico (Prodi, intendo) fuor dalla scena, a costo di andarci anche lui, come poi è successo. Crepi Sansone e tutti i Filistei!
Finalmente! s’è pensato. Ce ne siamo liberati! Che sollievo! E invece no, qualche volta ritornano. In barba al mormorar di popolo, in barba al buon senso, all’opportunità (mica che il poverino abbia fatto di più e peggio di altri), che forse richiedeva di lasciar perdere, perché le ragioni che non lo fecero ricandidare col centro destra l’altra volta (alludo alle ultime politiche), salvo il proscioglimento in istruttoria, son tutte lì, ed in politica, dove si va a chiedere il voto del popolo: dei suoi umori, del suo sentimento e del suo mormorare si deve tenere conto, giusto o sbagliato che sia.
Eppoi, diciamocelo: quale progetto politico ha questo signore? Quello della farfalletta, che si posa su tutti i fiori? Quello del moscone, che si posa su tutte le m...? O pensa di essere un non so chi, un tale insomma che deve esserci per forza, assolutamente indispensabile per i destini della Nazione?
E gli altri, che politici sono: e che si fa, si prende per buono uno che tradisce, uno che da domani magari ti ricatta rialzando il prezzio della propria fedeltà? E che si fa, si è scaricato Casini per raccattare Mastella? Non capisco, scusate ma non capisco!
Si dirà: ma come non capisci! La vuoi la Campania? Ebbene allora do ut des, in cambio devi prenderti il “pacco”, insomma devi mandare il Mastella in europa, e magari assieme a lui anche qualcuno dei suoi “compari” di partito, che sennò, con lo sbarramento (che peraltro avevi messo proprio per tagliare fuori certa gente), questa gente non ce la farà a passare. Insomma: qualcuno dei tuoi (che magari da anni sta lavorando seriamente, pulito, onesto, giovane, bello, abbronzato anche, ma indigeno pure...) dovrà starsene a casa per far posto a Mastella. Ebbene?...
E sì! Così vanno le cose. Speriamo almeno che il giorno delle elezioni sia una bella giornata. Io potrei per esempio fare una capatina in Liguria, o meglio, se posso: Montalcino! A bere un buon bicchiere alla mia e alla vostra salute.

Bruno Stepic

San Martino, 16 febbraio 2009

Le belle foto che si riproducono sono di Luciana Bartolini

domenica 15 febbraio 2009

Questa nostra casa (il sangue)




Un paio di amici mi hanno domandato, dopo aver letto la pagina del 12 scorso (le marmellate), se io ero passato armi e bagagli al Pd. Devo dire che quasi mi è parso che si fossero messi d’accordo, prima di chiedermelo, e volessero proprio scherzare o provocarmi. Ma dato che non si conoscono fra loro la cosa è impossibile. No, miei cari, come vi ho detto sono stato tutto il santo giorno in un luogo talmente bello che per una volta non ho sentito bisogno di notizie. Solo verso la mezzanotte ho sentito dell’intervento dell’Oscar Luigi nazionale (un tipo che mi “disturba” anche solo a vederlo) e ho visto tutto quello sventolare di bandiere (Pd, Idv). Ma non ho avuto voglia, lo confesso, di scrivere qualcosa.
Eppure non mi piace punto, che una parte si impossessi strumentalmente di ciò che appartiene a tutti, proprio in un momento in cui gli uomini di buonsenso dovrebbero addirittura rinunziare alla “parte”, in nome di un interesse più alto – come appunto cercavo di argomentare in quel “post” –.
Il fatto è che navigando curioso qua e là trovo delle pagine che mi intristiscono (per esempio http://mortidimenticati.blogspot.com/ ), che accendono in me, che pure mi ritengo di animo mite, un senso di sgomento, eppoi di rabbia, e che dico, anche un sentimento di rancore, di vendetta, che certo io non vorrei assolutamente provare.
E di codeste pagine, purtroppo, ne trovo di qua e di là, a destra e a sinistra. Sì, comprendo bene il fuoco che anima con la propria purezza il cuore e la mente dei giovani; il fuoco che fa tremolare l’immagine, la rompe fino a impedire di distinguere il vero; e sì, comprendo bene, che proprio per questo si deve essere con loro indulgenti, epperò, pur rammentando tuttora gli anni della gioventù, costellati dai Ramelli, dai fratelli Mattei, dai Miki Mantakas e tanti, tanti altri, di qua e di là; ed ancor prima rammento i racconti delle giornate infami della Guerra civile, e dell’Istria, della pulizia etnica, delle Foibe (ma anche quelle dei tradimenti, della vendita dei nomi dei “camerati” per aver salva la vita, proprio da parte di quelli che poi erano i più compromessi, che dovevano rifarsi una verginità: che per entrare nel Pci, magari, dovevano dimostrarsi i più antifascisti degli antifascisti... o salire ai gradi più alti della Repubblica...)
E conosco anche le pagine opposte, e quelle precedenti, del ’19 del 20 e 21, apposte e contrapposte anche quelle.
Proprio per questo, per i ricordi, per certe frasi “forcaiole” che leggo qua e là, ma più per il brutto clima che in certi momenti mi pare approssimarsi ancor più, che credo sia giunto il momento (e mi rendo conto di quanto possa essere difficile) di rinunziare ai “conti” del sangue e dei morti. È giunto il momento di trovare un modo comune di onorarli, tutti assieme, i morti assurdi che ci sono stati, i quali, di qua e di là che fossero, giusta o sbagliata che fosse la loro idea (e ciascuno ritiene sempre giusta la propria, di idea, com’è naturale che sia), erano prima di tutto italiani, nostri e fra loro connazionali, con tutto quello che significa, comporta e dovrebbe imporre. Proprio come noi dovremmo sentirci oggi. E purtroppo ci sono quelli, i “cattivi maestri”, che ancora sentono odore del sangue, che si eccitano, e non perdono occasione per aizzare all’odio, ancora, tuttora, come quei democristiani che per decenni trovarono dolce naufragare in quel mare di sangue, che sangue chiamava. Perché era dolce, assai, inginocchiarsi e pregare, e santamente benedetti fare i propri affari, mentre i cristianamente fratelli si scannavano fra loro. Voglio aggiungere al riguardo, ma solo di passata, che la recente uscita di Famiglia Cristiana, che (non volendo ritenere così imbecille chi scrive certe cose) da parte di chi legge e misura le parole col buon senso dell’età certo può essere intesa come una esagerazione, come una iperbole giornalistica, può essere di contro motivo per accendere in alcuno (come mi è capitato di cogliere) sentimenti di odio e reazione assai pericolosi.
Io credo insomma, che da troppo tempo sia giunto il momento – e nessuno l’ha colto, ancora – di smetterla davvero di fare i conti dei morti, perché ciascuno finisce col credere che i propri fossero migliori degli altri, e ne troverà sempre uno di più da vendicare. Dobbiamo smettere, vietarlo addirittura per legge, di contare i morti. Sennò non la finiremo mai.
Ci sono è vero, delle sostanziali, profonde ed irriducibili differenze fra la Destra e la Sinistra, ma sono e devono essere e restare solo differenze di idee, di visione del mondo, di progetto politico. Idee che trovano oggi, nel “sistema “democratico”, con tutti i suoi difetti, il luogo dove coesistere, dove misurarsi e confrontarsi pacificamente. Perché non possiamo più permetterci umanamente, moralmente, socialmente di vivere ancora in clima da guerra civile, di morire per le proprie idee.
Io non riesco a comprendere, per esempio, come mai certi amici di sinistra, che lottano per l’uguaglianza, per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi, dei marocchini, dei curdi, di armeni, rumeni, neri, gialli, gay, trans... Ovvero per i diversi di ogni tipo, che addirittura sono pronti a non riconoscere l’evidenza di un reato che pure accade può dirsi sotto i loro occhi (e semmai cercano di giustificarne le ragioni con improbabili cause sociali...) e mi fermo qui, si inalberano fino a reazioni viscerali se anche solo esprimi nei confronti della realtà che hai intorno, giudizi di merito, interpretazioni e sentimenti diversi dai loro, ovvero non riescono ad accettare che dei loro concittadini, dei connazionali, abbiano semplicemente, non il colore della pelle, non una differente cultura o etnia, ma semplicemente delle idee differenti dalle loro. Idee, si badi bene, che se anche esprimono fermezza e invocano durezza sono e restano comunque delle idee, almeno fin quando il parlamento (democraticamente eletto) non ne faccia legge. Insomma non capisco come, codesti amici, che invocano ad ogni piè sospinto l’articolo 3 della nostra carta costituzionale, per quanto attiene la pari dignità sociale, l’uguaglianza davanti alla legge, la non distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, abbiano poi difficoltà, e anzi diventino lividi e intolleranti nei confronti della libertà di opinione politica, la quale può – ed è giusto che possa – essere legittimamente diversa dalla loro. E permettetemi, quando si afferma il diritto alla diversità, non si pongono ad essa né vincoli né gradi. Non solo, ma la carta costituzionale garantisce anche la libertà di espressione, peraltro sancita anche dall'art. 10 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
Insomma, difendere la Costituzione, importa anche, difendere i diritti degli altri a pensarla diversamente da noi, anche, se costoro invocassero, come loro diritto, una Costituzione completamente differente (cosa che peraltro i costituenti avevano immaginato indicando anche le regole per farlo). E comunque, dato che lei, la Costituzione intendo, ci sta tanto a cuore, proprio, se non per altro, per i diritti umani fondamentali che afferma con vigore, sarà dunque il caso di attuarne il dettato conquistando, per suo tramite, una definitiva “pacificazione nazionale”, e mettendo sui nostri rispettivi morti di un tempo lontano e recente, una bella e pesante pietra tombale “condivisa”.

Bruno Stepic

San Martino, 15 febbraio 2009
Nelle immagini:
Antonio Canova – particolare del monumento a Clemente XIII;
Antonio Canova – Ebe (figlia di Zeus, poi la cristiana Temperanza)

giovedì 12 febbraio 2009

il nocchiero confuso





Giorni addietro ho scritto una paginetta intitolata “Questa nostra casa”, ma poi ho continuato a riflettere, anche alla luce di nuovi, recenti fatti, dato che quello che si pensa mai è definitivo.
Ho riflettuto sul fatto che nel nostro paese, fin quando qualcuno non cambierà la Costituzione, il Presidente della Repubblica, di destra o sinistra che sia, è e rimane il garante di essa, e quindi della nostra libertà. Quindi difenderemo il Presidente della Repubblica, in una fase così delicata, garante della nostra libertà.
I nostri politici attuali, ai quali col nostro voto diamo da mangiare (e più), di destra o sinistra che siano, costituiscono una vera e propria Casta (non sono io a dirlo per primo, e comunque è sotto gli occhi di tutti), o quanto meno si comportano come se lo fossero. Anzi, attraverso l’abolizione delle preferenze, una Casta chiusa, inaccessibile. Ovvero una oligarchia, il cui ricambio si realizza solo attraverso il meccanismo della cooptazione. Mi spiego meglio: nelle liste elettorale entra solo che è di loro gradimento. A deciderlo sono in pochi, nelle segreterie di Partito. Il sistema dello sbarramento, a questo punto, è funzionale solo a difendere la Casta da intrusioni e incursioni indesiderate a tutta la compagine, o al turbamento “indesiderato” degli equilibri.
Il nostro Paese va allo sfascio (io dico l’Italia, la nostra Nazione va allo sfascio) nelle mani di questi “sconsiderati” – eufemismo educato –: è dovere di tutti fare qualcosa per impedirlo.
Io resto fermo sulle mie idee, di destra, ma mi rendo conto che per affermare codeste idee (o per lo meno cercare legittimamente di affermarle all’interno di un sistema nel quale sia legittimo il pensiero di ciascuno ed il suo diritto ad affermare le proprie idee), diviene secondario in un momento in cui affermare dei valori comuni è assai più importante che affermare quelli della propria parte. Ovvero: è assolutamente inutile discutere se sia meglio comandare al nocchiero la rotta di nord-est invece che quella di sud-ovest allorquando la nave sta affondando.
E noi, amici cari, stiamo affondando: in primo luogo per la volontà della Casta di perseguire una ‘politica’ del “ricambio” così scellerata (certo indice di un attaccamento alla cosa pubblica che privilegia il proprio interesse personale all'interesse della cosa pubblica stessa); in secondo luogo per l’assoluta inadeguatezza di costoro a fare gli interessi dell’intera, sottolineo intera, comunità nazionale. Ovvero i nostri interessi. La Casta, proprio perché tale, tutela soltanto i propri interessi, è assolutamente incapace di vedere quelli che sono gli interessi reali della Nazione, perchè completamente staccata da essi; nei vari schieramenti politici vige la più assoluta confusione, ciò a causa dell’assoluta eterogeneità dei rispettivi componenti, e questo aumenterà ulteriormente. E’ vero che la molteplicità degli indirizzi richiede processi di sintesi, e che essa, la sintesi, ovvero la mediazione, può consentire politiche equilibrate, ma è altrettanto vero che la sintesi fra opposti, per esempio fra una base ed un acido, porta ad un inutile neutro, e quindi all’assenza di contestazione, ma pure di disegno. E si deve notare che all’interno di ciascuno dei principali schieramenti si forza la convivenza fra acidi e basi, rendendo il prodotto una disgustosa marmellata (organoletticamente parlando).
La perdita della Sinistra e della Destra (del Centro, salvo i “preti” e i sagrestani rimasti, credo che dopo cinquant’anni di DC non ne senta più bisogno nessuno) , intese rispettivamente come opposti valori, divenuta necessaria conseguenza del processo bipolare (dato che tutti scolorano per appropriarsi del voto di centro che fa da ago della bilancia fra gli schieramenti), ha impoverito la politica ma non ha ridotto il clima di odio serpeggiante, il quale rischia di riproporsi con tutta la sua assurda e truculenta pericolosità, proprio per l’impossibilità di contrapporsi sulla base di modelli valoriali diversi e se si vuole irriducibili, ma certo non umorali e irrazionali, bensì motivati e discutibili. I motivi dello scontro, oggi, sono spesso pretestuosi, come dimostrato dalla sempre maggiore trasversalità di alcune posizioni e dai rispettivi conseguenti comportamenti.
I partiti (tutti, piccoli e grossi) a causa di ciò, dato che ciascuno ha in casa propria una certa fetta di “nemico”, sono diventati dei veri vespai, dove si persegue la guerra per bande, per la conquista del potere interno, del primato di questo su quello.

Bruno Stepic
San Martino, 13 febbraio 2009

mercoledì 11 febbraio 2009

il pernacchio




Se uno si immagina di potere andare sulla piazza del mercato gremita di persone , e fatta l’adunata, come il prete del Marchese del Grillo portato al patibolo, di sui gradini della fontana, arringare la folla gridando: – ...Perchè...perché io sono io! E voi... Voi non siete un cazzo!
Certo se non menato subito di santa ragione, preso per matto riceverebbe sanz’altro sberleffi d’ogni tipo, coronati magari, una volta tornato il silenzio, da un bellissimo pernacchio, per intendersi di quelli in cui solo Eduardo, poteva dirsi maestro.
Codesto, ha compreso presto il Tonino nazionale, e si è fatto apposta il partito: ovvero la propria clac, i supportes, per intendersi; o se si vuole, ma c’è arrivato anche lui e quindi non dev’essere punto difficile, ha compreso che senza un potere contrattuale, aveva voglia ad essere il supermagistrato di Mani pulite: non sarebbe andato da nessuna parte. Nessuno, con tante bocche da sfamare, l’avrebbe più preso sul serio.
Questo l’aveva compreso anche Mastella, e si era fatto il partito pure lui, ma non gli è stato sufficiente neppure quello. Oramai tutti lo consideravano merce avariata. E certo non era che puzzasse molto più di altri. Che più di altri si fosse insozzato colle faccende del dì. D’altra parte o non aveva detto il Longanesi che il motto nazionale è: tengo famiglia! Ma poi, sapete come succede: tutti si mettono a gridare: – E’ lui, è lui!... Proprio come fanno i polli quando la prendono con uno fra loro: che cominciano a beccare, a beccare fin tanto che il poverino sanguina tutto! Allora sì, che comincia il divertimento vero!
Anche Casini, da pretino furbetto, ha compreso che era meglio assai conservarsi quel po’ di autonomia...Meglio pochina che nulla; e poco importa se ogni tanto perde un pezzetto: roba da poco! Gentuccia! Assai meglio da soli che in cattiva compagnia. Anche perché può succederti come al “bravo” De Mita: ti scaricano, e allora... allora sei tu che non sei più un cazzo!
Domandatelo un po’ ad Achille,... no, non quello famoso! Ad Occhetto, intendo! Come si sente? Sta bene? E la “gioiosa macchina da guerra” come va? E’ ben oliata? Ecco, costì torna proprio buono il vecchio proverbio: “dalle stelle alle stalle!”
Quegli altri beoti, invece, a sinistra del centro sinistra: hanno cominciato coi distinguo, coi complementi specificazione, con gli aggettivi; invece della moltiplicazione dei pani e dei pesci, come avevano promesso e il loro elettorato richiedeva (almeno un tempo), hanno fatto la divisione dei partiti: e continuano! Così, dividi e ridividi, loro sì, che non contano più un cazzo! Eppure, mi pareva che gli e lo avessero già detto col voto, ricordate? Insomma: dalla forzatura dell’unità delle “forze” nel governo Prodi, all’opposta divisione fra “polli di Renzo”.
Già, Prodi, dimenticavo: che posso dire, mi viene solo a mente un tubetto di SuperAttak (gel) essiccato, in fondo ad un cassetto. Certo, la di lui scomparsa dalla scena, senza che nessuno se ne rammenti, ci dà la misura dell’uomo. Mi spiace!
Ed ora eccoci a noi: Gasparri parla troppo? Risponderà: “il bel tacere non fu mai scritto!” Stai attento, saccentino,... che può arrivarti un altro scapaccione da un momento all’altro (quello là è anche più alto!) Insomma litigano. Stanno per entrare in casa d’altri, dove saranno solo il 30% del tutto e già si dividono: ma quanto sono imbecilli!
E quello, lassù, sul seggiolone; senza truppa, coi colonnelli che gli si rivoltano contro... Ma che c... crede di fare?! Il grande uomo politico... ma che pensa, che senza un proprio partito, gli italiani corrano a prostrarsi... Che ad ore stabilite s’inginocchino, chiappe al vento, tutti in preghiera rivolti verso il Palazzo di Montecitorio? No caro Fini, gli italiani non possono, gli italiani a quell’ora sono tutti a lezione. Si, sono a lezione di pernacchio. Per te ed i tuoi colonnelli.
Anzi, se devo dire il vero, a me di ciò che fate e farete non importa proprio nulla. Il mio pernacchio lo asserbo per qualcuno che vale di più. E non ci vuol molto!

Bruno Stepic

San Martino, 11 febbraio 2009

martedì 10 febbraio 2009

Falchi feriti

Robinson Jeffers

FALCHI FERITI

I

La vertebra spezzata dell'ala sporge dalla spalla
incrostata,
L'ala strascina come uno stendardo sconfitto,
Non spazierà più nel cielo ma dovrà vivere nella
fame
E nel dolore per giorni: né gatto né coyote
Accorceranno la settimana d'agonia, c'è preda
senza artigli.
Sotto il cespuglio di quercia attende
I piedi zoppicanti della salvazione; di notte ri-
corda la libertà
E in sogno vola; l'alba guasta tutto.
Egli è forte e per i forti il dolore è peggio, peg-
gio l'incapacità.
Di giorno cani randagi vengono a tormentarlo
Da lontano, solo la morte liberatrice gli farà chi-
nare il capo,
Pronto, intrepido, gli occhi terribili.
Il dio selvaggio del mondo talvolta è pietoso con
chi chiede
Pietà, di rado con gli arroganti.
Voi, gente di parrocchia, non lo conoscete, o
l'avete scordato;
Indomabile e feroce, il falco lo ricorda;
Bello e selvaggio, i falchi e gli uomini morenti
lo ricordano.

II

Preferirei, salvo le penalità, uccidere un uomo
che un falco; ma al grande codirosso
Non restava che impotente miseria
L'osso troppo fratturato per risanare, l'ala stra-
scinava sotto gli artigli se si muoveva.
Lo nutrimmo per sei settimane, poi lo misi in li-
bertà,
S'aggirò pei colli del promontorio e a sera tor-
nò, chiedendo la morte
Non come mendicante, negli occhi c'era la vec-
chia
Indomita arroganza. Gli feci dono del piombo nel
crepuscolo. Ciò che cadde era languido,
Piume di civetta, morbide penne femminee; ma
quello che
Si librò, il guizzo impetuoso: gli aironi notturni
lungo il fiume in piena strepitarono di paura
quando si levò,
Prima che fosse del tutto spoglio di realtà.

lunedì 9 febbraio 2009

Alleanza Nazionale, fine di un sogno (III)





Ho già scritto più volte che io non odio Berlusconi, né lo invidio (sono, codesti, sentimenti che io non conosco). Tengo a sottolinearlo, perchè intendo distinguermi – con chiarezza – da tutti i detrattori che hanno fatto del dileggio, della derisione, della beffa del Cavaliere, una vera ragione di vita (alcuni, data l’alta udienza che trovano, anche una remunerata professione).
Detto questo, da uomo di Destra, cosa che tengo a sottolineare con altrettanta chiarezza, dirò che il “nostro amico”, sta cominciando un pochino a disturbarmi. Con le sue prese di posizione, con le sue “esternazioni”, su tutto, per tutto, ha cominciato ad oltrepassare la misura del lecito. Del tollerabile. Qualcuno mi dirà: – Benvenuto! Altri, ridacchiando sotto i baffi, un sardonico: – Arrivi ora? Cosa posso rispondere; risponderò certo, pacatamente: – Perdonate, ciascuno ha i suoi tempi! E dire che fino a qualche giorno fa io lo difendevo (Attenzione compagni! Sono sempre convinto che non abbia bisogno di rubare le caramelle ai bambini nei parchi giochi), come del resto ho sempre difeso quelli messi alla berlina; quelli offesi e bistrattati da tutti; i barboni e i diversi... già, perché in fondo, se ci pensate, il Berlusca – a modo suo – è una specie di barbone, una specie di clochard preso a calci da tutti (oggi anche da Obama). Potrei aggiungere, e sono certo di non sbagliare, che molti connazionali (quelli per intendersi che manifestano per i clandestini disperati; i paladini dell’”accoglienza”, i passionari della carithas...), se potessero coprirlo con un lenzuolo marcio, putrido di vermi, se potessero addobbarlo con campanaccio delle vacche, col bordone e la zucca da pesci, avrebbero realizzato il sogno della propria vita, coronato solo, forse, dal piacere di prenderlo a calci nel culo, facendogli fare il giro turistico delle nostre amene città.
Sì, mi rendo conto, mi sono allargato troppo. Avrete pazienza! Infatti volevo parlare di tutt’altro. Di cose decisamente, almeno per me, più serie. Ma che farci... codesti buonisti continuano a farmi incazzare più del Berlusca (e crededetemi, ce ne vuole!).

In questi giorni ho continuato a riflettere (mica continuamente!) sulla questione del P.D.L. È chiaro. Berlusconi vuole il cosiddetto “Partito leggero”: una sorta di Comitato elettorale permanente, poco assai strutturato che snellamente si muove, si forma e si riforma di continuo sulle differenti esigenze che via via vengono còlte nella società. A Berlusconi, non importa pressoché nulla del futuro di questa Nazione. Berlusconi potrebbe benissimo interpretare Luigi XV, après moi, le déluge! Berlusconi non si preoccupa del dopo: deve fare bella figura oggi. Anzi, maggiore sarà il casino, lo sfascio (come è accaduto nella ex Jugoslavia alla morte di Tito), maggiore sarà il rimpianto di lui: quest’idea deve farlo addirittura impazzire!
E invece la nostra Italia, anche per il suo indispensabile rapporto con l’Europa, per la sua necessità di essere ed agire su un più vasto scacchiere internazionale, ha bisogno di una classe dirigente seria e preparata. Una classe dirigente (sia di Destra o di Sinistra) che può imparare, attrezzarsi solo attraverso un serio, duro tirocinio nelle sedi dei Partiti, nelle aule dei consessi amministrativi locali. È qui che infatti si impara a fare la politica, a misurarsi con gli altri sui problemi veri, quelli che si toccano con mano ogni giorno, in un immediato “interfaccia” con la gente. Quelle persone che si incontrano ogni dì per strada, che tu devi guardare negli occhi, alle quali devi rendere conto del tuo operato; quelle stesse persone alle quali poi vai a chiedere la fiducia di un volto, e sai che non puoi prendere per i fondelli. Insomma il Partito, che, come scrivevo ieri, deve essere governato, nel quale si incontrano le difficoltà di rapporto umano che si deve imparare a supertare; nel quale ci si imbatte nelle contraddizioni del nostro tempo, generate dei modelli proposti dalla politica che si scontrano spesso con le richieste “trasversali” dei comitati, che trovano intralcio nell’assetto normativo, che devono fare i conti con le disponibilità del bilanci locali, con le possibilità d’indebitamente degli enti, con i piani triennali degli investimenti..., che collidono con gli apparati burocratici... Insomma: in codesto mare si impara a nuotare. Chi non sa condurre la barchetta costì, non sarà mai in grado di condurre la nave più in là.



Ma torniamo al Berlusconi. A lui di tutto codesto non frega proprio nulla. Lui è il Partito. Anzi: l'état, c'est moi. Su lui si coagulano i consensi. Bastano i sondaggi per capire che aria tira, e mettersi con la poppa al vento stando attenti a non strambare: ma per quello bastano di nuovo i sondaggi! Epperò il “nostro amico” (e i suoi nuovi commensali, ex Alleanza Nazionale – per intendersi –) non considera punto che codesta – chiamiamola – azione ascendente del consenso, attiva una attesa, che non è solo di grandi parole, grandi chiacchiere, grandi fatti, opere... ma che principalmente si accende sul piano locale, sull’interfaccia immediata del consigliere comunale, circoscrizionale, provinciale ecc... sulla sede locale del Partito, sulle piccole cose di tutti i giorni: sul marciapiedi, sulla fognatura, l’illuminazione, le buche per la strada, la frana piccola o grande che sia; l’ingiustizia di quell’esproprio, il disturbo della pubblica quiete... le erbacce nel parco pubblico, l’argine che frana, i cassonetti davanti casa. Ecco il signor Berlusconi dimentica che la vita di tutti i giorni, della gente normale che guarda anche il Grande fratello, è anche questa, anzi è questa! Perché il voto lo danno a Lui, ma chiedono ad altri, a quelli che ci mettono la faccia. Perché la gente, i concittadini elettori, pretendono, a buon diritto, delle risposte alle legittime domande e richieste che avanzano.
Il consenso umorale, irrazionale (mediatico) è come l’amore a prima vista: dura poco! Occorre consolidarlo ogni giorno se non si vuole essere traditi col primo postino o tranviere che passa. E il consenso è sempre locale: abita di casa dove abita ogni elettore. Insomma, in tutto il suo sapere, il “nostro amico” pare non conosca la grande efficacia del “porta a porta” fatto non dai soliti rompi coglioni dei Testimoni di Geova, ma da seri e credibili giovani (più o meno) che chiedono e promettono, ma sanno che il “mantenere le promesse” è il loro primo interesse.

Bruno Stepic


San Martino, 9 febbraio 2009

domenica 8 febbraio 2009

Alleanza Nazionale, fine di un sogno (II)

Il Principio di Peter (*)
http://web.mclink.it/MC8216/offline/off41.htm

È vero, caro Amerigo, le correnti e gli scontri correntizi, prima nel Msi, poi in Alleanza nazionale, c’erano sempre state. Michelini – Almirante; Almirante – Romualdi; poi, morto Almirante, Rauti–Mennitti–Fini... Ma guarda, se è per quello ci sono sempre state, dappertutto, fino dalla Repubblica di Roma intendo, poi per tutto il Medioevo... Ghibellini, Guelfi... Non è questo il problema. E Santa Madre Chiesa ha certo contribuito a che codesto seme di divisione mettesse buone e salde radici, dato che poi risolveva tutto in sé, nella propria universalità. Producendo però, per la Nazione, danni incalcolabili. Tornando alle nostre questioni, vorrei che tu condividessi con me l’idea che mi sono fatto. Che cioè, un leader, con un po’ di carisma – hanno sempre sostenuto tutti che ne aveva –, deve essere capace di governararle, codeste correnti. Perché, certo si può usare il manuale, Cencelli, come nella vecchia D.C., ma poi che si fa, si lascia che alla base del partito si scannino per acquisire più peso congressuale, funzionale alla successiva spartizione? No, io credo che la via da seguire non debba essere punto codesta. Specie in un partito che si ispira ai valori della Nazione e crede nel valore primo dello Stato. Vedi, io penso questo: abbiamo “sposato” la causa della democrazia? Ebbene, democrazia sia, fino in fondo, però! Ma democrazia non vuol dire anarchia (ne convieni?). Democrazia vuol dire che chi vince un Congresso governa un partito fino a nuove elezioni. Chi perde fa l’opposizione, ma dentro queste regole, però! Perchè non si può andare a un Congresso e poi non riconoscerne il valore, facendo dal giorno dopo come ci pare. Non si può disconoscere il valore del risultato e con quello l’autorità di chi a vinto. Sennò è l’anarchia.
E allora chi non rispetta le regole democratiche va fuori, si leva dai cosiddetti. E aggiungo per meglio chiarire sui comportamenti: non devono esserci altri canali per raggiungere il vertice, per dialogare con esso che non siano le Presidenze o segreterie provinciali o di Federazione. Sennò è il caos che ben conosciamo, che abbiamo visto e toccato con mano (eravamo arrivati al punto che un citrullo qualsiasi, con un prosciutto o un paio di capponi – come quelli di Renzo, rammenti? –, se ne andava a Roma col treno e otteneva quello che il Presidente provinciale eletto dal congresso degli iscritti non riusciva ad ottenere. Insomma, Amerigo: il partito, ovvero la paralisi. Il ridicolo. I favori, i ringraziamenti di questo a quello... Quello che va, l’altro che torna... Chi ha detto questo, chi quello o quell’altro: affermazioni, smentite... liti. Casini vari,... All’interno dei quali chi vuole fare i propri sporchi interessi sguazza. Come diceva il Giusti? Acqua torbida fortuna di pescatore. Ecco! Ora vedi che, tornando al nostro campione carismatico, se un po’ di carisma avesse avuto davvero avrebbe prima di tutto dovuto usarlo per governare il Partito, dato che – mi permetterai – non si può pretendere di governare il tutto se non ci si dimostra capaci di governare una parte (guarda caso la propria, nella quale il consenso dovrebbe essere almeno più facile, dato che più o meno tutti la pensano come te). È anche per questo che io non ho punte fiducia il codesto individuo, che ritengo solo un pallone gonfiato. Sì, lo so, mi dirai che è migliore di altri..., ma guarda, codesta non è punto una giustificazione rassicurante. Tutt’altro!
Insomma, voglio dire che non si può saltare dalla scuola elementare all’università. Il tirocinio intermedio è l’acquisizione della piena capacità di governare la propria parte politica. Anche perché non siamo in casa di amici a giocare ai Monòpoli. Chi governa un Partito ha nelle proprie mani la fiducia, i sentimenti, le aspettative, le legittime ambizioni di tante, tantissime persone che, sarà poco, ma non sono lì per caso; e altre centinaia, migliaia di persone che ti danno la propria fiducia, che mettono i propri destini nelle tue mani, col voto. (E aggiungo, perché sono cattivo: e ti danno da mangiare, a te e a tutta la tua famiglia!)
Ora, codesto bellimbusto e tutti i suoi lacché, dato che governare un partito non è facile, anzi è cosa assai seria, in specie se si vogliono vedere dei risultati, ha colto la palla al balzo per levarsi dall’impiccio: tutti nel calderone. Bel nome, anche PDL! I miei coglioni!. Tanto i voti lì ci sono. Se ne sono bellamente fregati di tutto quello che era stato costruito fino al giorno prima. Per cosa, poi, per fare i servi sciocchi di Berlusconi?
È di ieri, lo sai, l’ultima “esternazione” del Cav. sul tormentone mediatico di “Eluana”. Smentisce e contraddice quanto sostenuto da Fini tre giorni fa. E ora Fini che fa...
Ti dirò, caro Amerigo, io lo saprei cosa suggerire di fare a Fini, ma sono educato e non lo dirò.
Cordialmente,

Bruno Stepic

San Martino, 8 febbraio 2009



* Il Principio di Peter (1969) dice che in un’organizzazione “meritocratica” ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa cosa la si sposta a farne un’altra. Il processo continua fino a quando ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare – e lì rimane.

La situazione oggi è ancora più grave di come la descriveva Laurence Peter trent’anni fa – perché il concetto di “merito” è sempre più confuso. Le “promozioni” sono spesso dovute alla protezione di potenze oligarchiche, al gioco delle apparenze o a intrighi che hanno poco a che fare con la “competenza”.

Ed è purtroppo confermato dai fatti che molte imprese hanno gestito le aree “nuove” in modo distratto e superficiale, spesso assegnando a quel compito le persone meno adatte – nella sciocca convinzione che “la crescita comunque aggiusta tutto”. I risultati sono quelli che vediamo.

sabato 7 febbraio 2009

Alleanza Nazionale, fine di un sogno

(Vota Antonio...)







Come certi mariti, un po’ di tempo dopo la scoperta del “fattaccio”, ora provo solo una sorta di disgusto nei confronti di Alleanza Nazionale. Ovvero, non verso Alleanza Nazionale, che io avrei certo voluto che continuasse ad esistere, e farla veramente quella che doveva essere, ma nei confronti della sua intera classe dirigente, che non ha saputo ribellarsi e contrastare adeguatamente la scelta suicida di confluire nel PDL, dimostrandosi assolutamente non all’altezza delle aspettative, delle speranze di molti moltissimi iscritti e di tantissimi italiani.
Che Fini non era ciò che si industria di far credere lo avevo capito allorquando (II Governo Berlusconi – 2001-2005), con assai scarso acume, aveva optato per il palcoscenico – la cosiddetta visibilità –, e così facendo aveva lasciato definitivamente il partito nelle mani dei “noti”colonnelli, i quali già da tempo, percepito il suo disinteresse, imperversavano in A.N. facendola da padroni.
Il potere effettivo era quindi prevalentemente nelle loro mani, ed a lui restava, sempre però più eroso “congressualmente” un potere di immagine, un potere sostanzialmente virtuale: anche se poteva contare sulle divisioni interne, sui veti incrociati e più, sull’assoluta mancanza di una vera alternativa. La tripartizione correntizia in A.N. nasce quindi per interessi squisitamente personalistici e di potere interno, e anche se talora appaiono legittime motivazioni di indirizzo politico – eviterei di chiamarle ideologiche –, che sono certo sopraffatte o messe in ombra dalla lotta per “bande” che corre per tutto il partito, per tutta la penisola. Le federazioni sono pressoché lasciate in balia di sé stesse: “obbedisce chi può e comanda chi vuole”... Anche gli imbecilli ed i cialtroni, dato che A.N. non diversamente dagli altri partiti ne annovera fra le proprie file, divengono pressoché intoccabili, inamovibili perché riparati dall’ombrello di questa o quella corrente. In certi luoghi si giunge perfino alla paralisi, o peggio al ridicolo: il buon senso e la ragionevolezza di alcuni stentano a parare i colpi, a non far trapelare all’esterno, nell’elettorato, il quadro reale della situazione. D’altra parte col disgusto per partiti e la politica in generale che Tangentopoli ha innescato, sarebbe un disastro, dato che nella comune percezione molta è la fiducia in A.N., nella pulizia ed onestà dei suoi uomini. Perchè, per meglio chiarire accade anche questo, i presidenti e direttivi provinciali vengono aggirati attraverso questo e quel canale correntizio, questa o quella amicizia, che opera autonomamente sia sul centro del partito – Roma –, sia localmente sulla stampa, o fa la fronda organizzandosi autonomamente, parallelamente, generando situazioni a dir poco incresciose. Cosicché l’operatività politica locale è tenuta in scacco dalla divisione interna e produce ciò che può – insomma, il “fronte interno”, finisce per assorbire quasi tutte le energie umane. Un fatto incontestabile al quale si può per buona parte attribuire anche lo stallo percentuale di A.N. – Produce ciò che può – dicevo –, ma certamente assai poco; anche perché la politica locale, che è principalmente di carattere amministrativo, è lasciata in mano quasi sempre all’improvvisazione, all’estemporaneità, alla buona volontà e bravura dei singoli rappresentanti negli enti locali, che va detto fanno miracoli. E non diciamo, al riguardo, delle segreterie regionali o dei “coordinamenti” – si fa per dire – regionali (sic!), i quali avrebbero dovuto fornire strumenti chiari ed univoci (ma anche qui si sono creati conflitti interni fra organi: gli eletti nelle istituzioni – alludo ai Consigli Regionali –, e le segreterie politiche regionali, le quali, laddove non hanno funzionato, anche per sovrapposizione di incarichi personali – fenomeno questo legato all’esigenza di conservare il potere –, si sono fatte prevaricare fino al punto che nessuno sapeva più a chi rivolgersi, chi stare a sentire) .
Va osservato inoltre, che in mancanza di una lettura univoca dei problemi, delle loro eventuali soluzioni, in mancanza di una seria elaborazione teorica, la periferia resta in una situazione di scacco, incapace com’è di coordinarsi col centro, ma anche in un rapporto biunivoco fra le varie federazioni operanti su uno stesso territorio, talora fra sezioni viciniori dello stesso comune. Va notato, di passata, meritando il tema ben più ampio approfondimento, che la caccia al consenso elettorale, in un quadro generale di vacanza o disaffezione verso la politica, ha indotto a sposare, con posizioni spesso contraddittorie ora questa ora quella istanza dei cosiddetti comitati, i quali “schizzofrenicamente”, sorti come funghi di qua e di là, dappertutto e per tutto, hanno riempito i vuoti che erano stati lasciati, quei vuoti che sarebbe stato compito della politica riempire, dato che il sorgere come funghi di organismi sovente trasversali ai partiti, ha aumentato la confusione generale e prodotto progressivamente la paralisi del sistema.
Come si sarà compreso, lo sfascio più totale, del quale l’Onorevole Fini è il responsabile primo. Infatti Fini non poteva non essere a conoscenza: dato che, se non lo era, non si capisce cosa stesse a fare alla Presidenza del partito, e se lo era, perché doveva esserlo, non era evidentemente in grado di farci nulla, dato che il potere reale non era più in sua mano. I cosiddetti colonnelli lo tenevano per le palle. Ben altro paio di maniche, se sistemati i vassalli al governo, si fosse re-impossessato del partito, come un vero uomo politico avrebbe fatto, dato che nel partito (come ha ben compreso Bossi) risiede la forza, il potere contrattuale, ma più la podestà progettuale della politica. Ammesso che si abbiano delle idee: sul mondo e su quello che noi ci si sta a fare.
Certo tornerò sull’argomento e cercherò di affrontare altri aspetti della questione, con la speranza di poter essere utile a quanti oggi, delusi e amareggiati, pensano ad una seria formazione politica di destra.

Bruno Stepic

San Martino, 7 febbraio 2009

P.S. E comunque, sia chiaro, in confronto a Forza Italia, Alleanza Nazionale è un partito “serio”, al paragone assolutamente assimilabile, per i fatti citati, ad un collegio di educande.
b.s.

venerdì 6 febbraio 2009

Lo Stato liberale






Ecco Berlusconi, il grande statista, il decisionista per eccellenza, l’unico uomo, dopo i Medici, ad avere sei palle! L’uomo del consenso mediatico, l’uomo dell’etere: quello che dopo Guglielmo Marconi che le ha inventate, meglio ha saputo usarle (le onde).
Ma ci faccia il piacere, ci faccia! Neppure capace di assumersi una responsabilità! Neppure capace di lasciare che le “cose” vadano come devono andare. Solo preoccupato di perdere cinque o sei o sette punti di consenso. E quegli altri beoti ad andargli dietro (sennò a casa, pare gli abbia detto).
Mi immagino che l’ispiratore sia stato Letta. La lezione è nelle scritture: dove si racconta di Ponzio Pilato. Perché le cose stanno nel medesimo identico modo.
E che ci importa se i Radicali e tutta la sinistra (si fa per dire) scende in piazza: anzi, tutta propaganda, maggiore effetto! Allora sì, che si fa bella figura! (In parrocchia e dintorni – intendo –).
Epperò il nostro “eroe” non ha considerato che anche qui, a destra, qualcuno s’incazza (certo lo fa educatamente, col disagio delle male parole, col disgusto per il turpiloquio, anche quando ci vogliono).
Solo un basso calcolo, solo la valutazione di opportunità. Immagino – ma penso molto attendibilmente, dato che dal punto di vista della logica politica non fa una grinza – che le cose siano andate all’incirca così: la pressione sulla “cosa” è alta, altissima, “certi” ambienti premono, quanto meno in piazza, e chi ce lo fa fare di non sfruttare la situazione a nostro prò? Possiamo sfruttarla, venirne fuori bene, e scaricare la “palla” al Presidente Napolitano – che se la veda lui! –; e comunque, in seconda istanza abbiamo il Parlamento: se approva il decreto siamo tutti a posto, se poi non lo approva la responsabilità non è nostra. E certo lasceremo “libertà di coscienza”.
Sì, penso proprio che il ragionamento sia stato all’incirca questo. Io, cinicamente, se fossi stato il consigliere di Berlusconi questo gli avrei suggerito. Epperò, fortunatamente, non sono il consigliere di sua Eccellenza. Fortunatamente non lo sono! Da suo ex elettore mi sarei aspettato altro, altro avrei voluto, perché credo che, sgombrato il campo dall’idea dello Stato etico (che pure, lo confesso non mi dispiacerebbe, ma certo dovrebbe essere uno Stato serio, e non un aborto compromissorio come questo), sgombrato il campo dall’idea dello Stato etico, dicevo, il comportamento, per un Liberista coerente, quale Egli si proclama, doveva essere assolutamente diverso (perchè ispirato alle idee del Liberalismo). Diametralmente opposto, quindi a questo stato di supina subalternità. Senza contare il conflitto che si apre fra i poteri dello stato (ma certo in codesto il Cav. ci va a nozze).
Già, il Liberismo: tutti liberisti e per il libero mercato! Eppoi tutti a invocare gli aiuti di stato... Marcegaglia in testa in testa, quando le cose si mettono male. Ma questa è tutta un’altra questione, Scusate.


Bruno Stepic


San Martino, 6 febbraio 2009

mercoledì 4 febbraio 2009

Il caso Eluana e il caso Ugo Bassi

La parte di Cesare





Spettacolo squallido, amici cari, questo circo mediatico “totale” sulla vicenda umana una ragazza. Su una povera famiglia. Ma la legge dello spettacolo è inesorabile: come un’inarrestabile forza della natura si muove; come una necessità travolge tutto e tutti. Ignoti il rispetto, la dignità, i sentimenti, il silenzio. Lacrime finte, posticce, di circostanza, solo per essere sulla scena. Ma i garofani puzzano! (Avrebbe detto il Malaparte). Al riguardo non dirò nulla. Non c’è proprio niente da dire.
E dovrebbe, per rispetto, non dire nulla neppure quel Vescovo, che pare abbia mobilitato i fedeli. Farebbe meglio anche lui a non dire nulla, se non sa trovare neppure una parola di conforto per quel povero padre.
Hanno parlato troppo, per troppi secoli, codesti preti; ma più hanno agito troppo, in danno degli interessi nazionali. Sono sempre gli stessi: quelli che perseguitarono Federico II, quelli che non potendo bruciare Dante dettero al rogo le sue opere, quelli che perseguitarono i Catari, i Patari, gli Arnaldisti, i Poverelli; quelli dell’Inquisizione europea, che torturava ed estorceva il falso; quelli che bruciarono Giordano Bruno, che inquisirono Galileo, il Campanella...; che da prima avevano mutilato i testi classici estirpando ciò che loro non piaceva, ogni pensiero che accendesse un dubbio, una perplessità: non importa se di Aristotele o Plotino... Per non dire del nostro Risorgimento nazionale, dove emblematica fra le tante, mi intristisce ricordare la vicenda del Padre barnabita Ugo Bassi, uno dei martiri della nostra Unità nazionale. È una di quelle pagine “nostre”, che più nessuno rammenta, nemmeno nelle scuole...
Ben pochi oggi ricordano o sanno, infatti, chi fu Ugo Bassi, che prima di essere fucilato dagli austriaci a Bologna (Stato Pontificio) l’8 agosto 1849, “Per raffinata barbarie, vollero i preti che fosse degradato degli ordini sacri, facendogli raschiare con un rasoio la tonsura del capo e i polpastrelli delle dita fino a lasciargli le fibre scoperte.” (Cfr. http://books.google.it/books?id=V8gNAAAAYAAJ&printsec=frontcover&dq=ugo+bassi&lr=#PRA1-PA147,M1)
Per non dire dell’uso spregiudicato, cinico direi, che costoro hanno fatto del braccio secolare, il tentacolare apparato utilizzato sempre in funzione di un bieco e circoscritto interesse di parte (la divinità non c’è mai entrata un bel nulla), comunque sempre antinazionale. Dalla Democrazia Cristiana (un vero carcinoma, che, invece di unire cristianamente i “fratelli” favorendo la pacificazione nazionale, fomentava i rancori, spargendo a man salva odio e divisioni. Bella morale, codesta, bel cristianesimo! Divide et impera!), fino alle di lei recenti e attuali metastasi, di destra, centro e sinistra (CCD, CDU, UDC, Nuova DC, Popolari, Cristiano Sociali...) se già non fosse bastata quella ad infragilire, forse a interdire per decenni ancora, l’opera unificatrice della Nazione, della nostra Repubblica. Per non dire dell’Opus Dei, dell’Azione Cattolica, della presenza (concordataria) dei preti in ogni scuola, delle parrocchie (veri e propri centri per la propaganda politica), delle varie, molteplici congregazioni para religiose... Insomma, dicevo, un vero apparato tentacolare che è, ed agisce, per tutto, dappertutto, che suggerisce ed orienta ma mai in favore dell’unità nazionale. Mai nel rispetto della “sovranità” dello Stato. E non sarò certo io a fare d’ogni erba un fascio, perché basterà avvertire che il discrimine è dato dalla sostanza, dall’azione in cui si realizza il pensiero e la volontà
Perché, deve essere chiaro, qui non si contesta la fede religiosa, tutt’altro! Ma si intende sottolineare che una cosa sono gli interessi dello spirito, della religione (che lasciamo alla coscienza ed ai bisogni di ciascuno), e ben altra e distinta cosa sono gli interessi della Nazione, la cui morale, se una ce n’è, può o non può coincidere con quella religiosa. E questo chiaramente, almeno come sacrosanto principio, dal medioevo in su con Dante in testa, ancor più chiaramente dal Rinascimento in qua, allorquando l’uomo si affrancò, con una propria dignità umana, dalla pesante cappa della subalternità ad un Dio, che sembrava con la sua totalizzante onnipresenza non lasciare alcuno spazio. Fu allora che i “Prìncipi” impararono a farsi tali da sé; e qualcuno, dopo averne lungamente sopportato le grida, levò dalle palle (dei Medici) il frate “piagnone”. Anche Napoleone andò dal Papa, perché così gli conveniva, ma per la corona fece da solo.
E ora, per una manciata di voti poco più, tutti, o quasi, a leccare di qua e di là, tutti a guadagnarsi crediti, come quando andavano a comprarsi le indulgenze di Papa Borgia. Che vergogna!
Con quasi nessuno che abbia il coraggio di dire: date a Dio ciò che gli spetta, ma non la parte di Cesare!
Bruno Stepic

San Martino, 4 febbraio 2009


lunedì 2 febbraio 2009

il Pifferaio magico

Questa nostra casa comune









Cari amici,
fra i molti dubbi che fanno compagnia ai miei pensieri, restano oggi alcune certezze. Una di queste, specie se penso al nostro tempo, è che storicamente nulla può dirsi definitivamente acquisito, come nulla definitivamente perduto. Non sarà quindi da farsi prendere dall’eccessivo sconforto. Anzi! Vi è da impegnarsi e lavorare, specie laddove il “sistema” fa acqua, cioè principalmente sui valori che possiamo condividere, per muovere da quelli e al momento opportuno ricostruire.
E perciò credo nella necessità di mantenere un atteggiamento prudente nei confronti del giudizio storico, il quale si forma e si riforma continuamente (il che non significa certo evitare di esprimere giudizi di riprovazione o sdegno, di plauso o condanna senza appello, in specie per tutti quei fatti, comportamenti o epoche, che agli occhi della nostra attuale sensibilità morale, paiono addirittura inconcepibili); e credo altresì, dato che nel processo storico, che rispecchia o si muove coerentemente col processo dell’umano divenire, non ci siano né fratture, né iati, né salti; che ogni epoca o momento avrà pure assieme al “loglio” una qualche buona, o buonissima biada, la quale sarà figlia di un “prima” e madre di un “dopo”. Insomma per usare un proverbio arcilogoro, credo che non sia punto il caso, come per quanto riguarda per esempio il “ventennio fascista” di buttar via, assieme all’acqua sporca anche il bambino. E ciò dovrebbe saper bene il Presidente della Camera, che forse il male “assoluto” dovrebbe ricercare altrove.
D’altra parte una seria ricerca dei fondamenti di una casa comune non dovrebbe prescindere, mi pare, dal tentativo (almeno quello!) di conoscere, assieme all’ammenda fatta sui torti riconosciuti, la bontà di qualche ragione. Cercare di comprendere cosa fosse nella mente e nel cuore di tanti uomini non da poco, o universalmente riconosciuti di valore, che certo non avevano perduto il senno. Il quale, converrete, non puole essere perso a settori o a intermittenze.
Noi oggi viviamo un periodo torbido, confuso, pieno di contraddizioni, di equivoci, di superficialità... della nostra storia nazionale, ma altri ce ne sono stati, e altri vi saranno. Periodi nei quali non è possibile fare nulla o quasi per contrastare l’andazzo generale, per tentare di arrestare la valanga di nostri connazionali, che come i sorci (di destra o sinistra fa lo stesso) dietro il famoso pifferaio, stanno andando ad affogarsi nell’assurda (antistorica?) forzatura del bipolarismo, con tutto quello che comporta e determinerà. (È codesta esigenza bipolare che partorisce le assurde, incoerenti “marmellate” politico-culturali che tu Daniele giustamente denunciavi nelle tue “Riflessioni...” domenicali http://www.forumpolitico.org/viewtopic.php?f=22&t=1374&sid=98288067455ba527017b99e3bc3f4331 -; e ciò accade quando si vuole per forza mettersi d’accordo e si rinuncia alle ragioni medesime del nostro stesso essere, che dovrebbero invece rappresentare riferimenti irrinunciabili, e comunque terreno di dialogo e confronto. Perché di governare, cari amici, non c’è nessun obbligo, specie se per farlo si deve rinunziare a ciò in cui si crede, a quello che si è, a quello che si vuole.)
Ma questo periodo, con tutte le sue “anomalie” come Daniele le chiama, non è punto staccato da tutto il resto, e ciò e le sue cause dobbiamo sforzarci a comprendere per andare oltre.
Sarebbe bello (necessario direi) attingere ad una lettura storica condivisa anche del passato recente, ma questo forse sarà possibile soltanto dopo un ulteriore periodo decantazione.

Quando ho letto di Vivaldi, Scarlatti, Corelli che tu, Daniele, giustamente hai ricordato (http://www.forumpolitico.org/viewtopic.php?f=22&t=1352&sid=98288067455ba527017b99e3bc3f4331 ), mi sono, lo confesso, un po’ vergognato: come non rammentare la nostra musica! Anche da me così amata (nel blog ti dedico un monumento a Giuseppe Tartini). Poi, ti confesso, ho sorriso, ho pensato a come era bello codesto ideale gioco di squadra, dove se tu dimentichi qualcosa altri lo rammenta per te. Ho pensato a codesta casa comune come un luogo ideale, una sorta di “paradiso” (nel senso di hortus conclusus) dove ciascuno fa bene, al meglio, quello che deve fare. Dove ciascuno spende i talenti che gli furono regalati nell’interesse di tutti. Ho rammentato allora quel primigenio fondamento di codesta società che si trova in ciascuno di noi, in interiore homine, appunto. Quella società che costituisce il modello di un mondo dove non è punto consentito fare a meno degli altri, nello stesso identico modo in cui noi non possiamo fare a meno di noi stessi, del nostro socius, l’altro che è in noi, con cui dialoghiamo ogni giorno di tutto, da sempre.
E non è codesta società ideale una utopia, perché codesta è da noi conosciuta e sperimentata da sempre in noi stessi. Basta cercare di riconoscerla anche fuori di noi. Basta approcciarsi agli altri con codesta consapevolezza. Pur nella altrettanta consapevolezza che le creazioni dello spirito umano si realizzano sempre e non si realizzano mai. Che, come dicevo all’inizio, non c’è alcuna conquista che possa dirsi definitiva.
Ringraziando per la vostra benevolenza vi saluto cordialmente.

Bruno Stepic

San Martino, 2 febbraio 2009