lunedì 23 febbraio 2009

Si può fare? ...E s'è visto!





Non ho alcuna idea di cosa potrà accadere nei prossimi mesi. Ma ho già visto l’inizio, almeno per quanto concerne il PD, e facendo una battuta (leggera leggera ad un “vecchio” militante Pci, oggi con responsabilità di governo locale in un capoluogo di provincia) ho còlto subito più che disagio.
Anzi, malgrado i buoni rapporti personali, ho visto il mio conoscente irrigidirsi: ho avvertito un subitaneo mutamento d’umore. Proprio quello che avevo intuito sarebbe accaduto. – Dovremo parlarne! – (di Franceschini, intendeva). Ed ha chiuso il discorso salutando e allontanandosi frettolosamente, come per impedire un prosieguo della conversazione.
Ora, intendendo evitare frettolose ed incaute valutazioni, e non potendo estendere ad universali una risposta laconica, mi asterrò dal commentare il fatto. Epperò devo dire che l’inizio di codesto mo’ nato capetto non mi è punto piaciuto. Si dirà: – Hai fretta?... Proprio tu, che dici sempre che l’uomo si giudica dopo morto!
E’ vero. Ma è altrettanto vero che nella società dell’effimero, nel mondo della comunicazione, nell’universo della veicolazione mediatica dei simboli, codesta scenetta del giuramento sulla carta costituzionale, col “papà” lì accanto (si perché a Ferrara il babbo si chiama così) mi ha dato l’idea, la sensazione direi, di un che di patetico. E’ vero, il papà di Franceschini, è stato un resistente, un partigiano. Niente da dire, ma lì accanto, ad una ventina di metri c’è proprio il muro dove furono fucilati in diversi: un episodio resistenziale arcinoto, che molti anni fa dette spunto anche ad un film di Florestano Vancini: La Lunga Notte del 43. Forse come referenza, come sorta incipit programmatico, avrebbe potuto dare il segno di un maggiore spessore, che non il papà,... che, conoscendo assai bene l’ambiente, vien da immaginare poco dopo, in allegria, davanti ad un buon piatto di cappelletti fatti in casa.
E come dimenticare il frate ferrarese (Gerolamo Savonarola), poco lì dietro effigiato nel marmo, in piedi sulla pira, ad arringare il popolo sulla dissoluzione dei costumi. Cosa meglio sarebbe stato indicato per dichiarare tutto un programma con un atto simbolico, e denunciare al contempo, altrettanto simbolicamente ma assai efficacemente, la dissoluzione morale del suo dichiarato e odiato nemico, e dei costumi del mondo che costui rappresenta (e gestisce). Un modo, codesto, da fustigatore, che avrebbe altresì conteso la scena a Di Pietro, anche se solo per un attimo.
Oppure, come non tenere conto dell’acqua del Po che, seppure assai limacciosa, inonda il fossato del castello lì dietro. Quanti significati “magici”, avrebbe potuto innescare nella fantasia popolare; quante metafore efficaci un uomo d’intelligenza vivace avrebbe potuto trovare o escogitare. Altro che l’ampolla del Bossi! E invece no! Neppure un accenno a quelle acque verdacce e opache; nemmeno un accenno all’opera, al lavoro faticoso di tutto un popolo (che quelle acque, parafrasando Foscolo, affatica).
E che dire, della Costituzione... Un modo per rammentare al Pd dello "zoccolo duro" che fra i suoi padri vi fu il compagno Togliatti... (ma non glielo ha detto nessuno che certi confronti vanni evitati? – Sant’Antonio e il maiale! – C’è il rischio di far sentenziare!). E non solo. La Costituzione c’è, è lì, è di tutti. Cerchiamo di non smaialarla facendone un giocattolo da usare, da logorare ogni dì con tutte le puttanate che possono venirci a mente. Non induciamo altri a credere che dato che è così si può farne ciò che si vuole. Ad associarla ad un mondo “sconfitto”, perdente, in progressiva e rapidissima estinzione.
Patetico questo Franceschini, proprio patetico. E non c’è la peggio! Per un politico non c’è cosa peggiore. Ancor peggio di quando il suo amico pronunziò la fatidica frase (che non era nemmeno sua!) Si può fare! E s’è visto, quello che ha saputo fare. Quel coglione! Borioso.

Bruno Stepic

San Martino, 23 febbraio 2009

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