martedì 10 febbraio 2009

Falchi feriti

Robinson Jeffers

FALCHI FERITI

I

La vertebra spezzata dell'ala sporge dalla spalla
incrostata,
L'ala strascina come uno stendardo sconfitto,
Non spazierà più nel cielo ma dovrà vivere nella
fame
E nel dolore per giorni: né gatto né coyote
Accorceranno la settimana d'agonia, c'è preda
senza artigli.
Sotto il cespuglio di quercia attende
I piedi zoppicanti della salvazione; di notte ri-
corda la libertà
E in sogno vola; l'alba guasta tutto.
Egli è forte e per i forti il dolore è peggio, peg-
gio l'incapacità.
Di giorno cani randagi vengono a tormentarlo
Da lontano, solo la morte liberatrice gli farà chi-
nare il capo,
Pronto, intrepido, gli occhi terribili.
Il dio selvaggio del mondo talvolta è pietoso con
chi chiede
Pietà, di rado con gli arroganti.
Voi, gente di parrocchia, non lo conoscete, o
l'avete scordato;
Indomabile e feroce, il falco lo ricorda;
Bello e selvaggio, i falchi e gli uomini morenti
lo ricordano.

II

Preferirei, salvo le penalità, uccidere un uomo
che un falco; ma al grande codirosso
Non restava che impotente miseria
L'osso troppo fratturato per risanare, l'ala stra-
scinava sotto gli artigli se si muoveva.
Lo nutrimmo per sei settimane, poi lo misi in li-
bertà,
S'aggirò pei colli del promontorio e a sera tor-
nò, chiedendo la morte
Non come mendicante, negli occhi c'era la vec-
chia
Indomita arroganza. Gli feci dono del piombo nel
crepuscolo. Ciò che cadde era languido,
Piume di civetta, morbide penne femminee; ma
quello che
Si librò, il guizzo impetuoso: gli aironi notturni
lungo il fiume in piena strepitarono di paura
quando si levò,
Prima che fosse del tutto spoglio di realtà.

Nessun commento:

Posta un commento