domenica 8 febbraio 2009

Alleanza Nazionale, fine di un sogno (II)

Il Principio di Peter (*)
http://web.mclink.it/MC8216/offline/off41.htm

È vero, caro Amerigo, le correnti e gli scontri correntizi, prima nel Msi, poi in Alleanza nazionale, c’erano sempre state. Michelini – Almirante; Almirante – Romualdi; poi, morto Almirante, Rauti–Mennitti–Fini... Ma guarda, se è per quello ci sono sempre state, dappertutto, fino dalla Repubblica di Roma intendo, poi per tutto il Medioevo... Ghibellini, Guelfi... Non è questo il problema. E Santa Madre Chiesa ha certo contribuito a che codesto seme di divisione mettesse buone e salde radici, dato che poi risolveva tutto in sé, nella propria universalità. Producendo però, per la Nazione, danni incalcolabili. Tornando alle nostre questioni, vorrei che tu condividessi con me l’idea che mi sono fatto. Che cioè, un leader, con un po’ di carisma – hanno sempre sostenuto tutti che ne aveva –, deve essere capace di governararle, codeste correnti. Perché, certo si può usare il manuale, Cencelli, come nella vecchia D.C., ma poi che si fa, si lascia che alla base del partito si scannino per acquisire più peso congressuale, funzionale alla successiva spartizione? No, io credo che la via da seguire non debba essere punto codesta. Specie in un partito che si ispira ai valori della Nazione e crede nel valore primo dello Stato. Vedi, io penso questo: abbiamo “sposato” la causa della democrazia? Ebbene, democrazia sia, fino in fondo, però! Ma democrazia non vuol dire anarchia (ne convieni?). Democrazia vuol dire che chi vince un Congresso governa un partito fino a nuove elezioni. Chi perde fa l’opposizione, ma dentro queste regole, però! Perchè non si può andare a un Congresso e poi non riconoscerne il valore, facendo dal giorno dopo come ci pare. Non si può disconoscere il valore del risultato e con quello l’autorità di chi a vinto. Sennò è l’anarchia.
E allora chi non rispetta le regole democratiche va fuori, si leva dai cosiddetti. E aggiungo per meglio chiarire sui comportamenti: non devono esserci altri canali per raggiungere il vertice, per dialogare con esso che non siano le Presidenze o segreterie provinciali o di Federazione. Sennò è il caos che ben conosciamo, che abbiamo visto e toccato con mano (eravamo arrivati al punto che un citrullo qualsiasi, con un prosciutto o un paio di capponi – come quelli di Renzo, rammenti? –, se ne andava a Roma col treno e otteneva quello che il Presidente provinciale eletto dal congresso degli iscritti non riusciva ad ottenere. Insomma, Amerigo: il partito, ovvero la paralisi. Il ridicolo. I favori, i ringraziamenti di questo a quello... Quello che va, l’altro che torna... Chi ha detto questo, chi quello o quell’altro: affermazioni, smentite... liti. Casini vari,... All’interno dei quali chi vuole fare i propri sporchi interessi sguazza. Come diceva il Giusti? Acqua torbida fortuna di pescatore. Ecco! Ora vedi che, tornando al nostro campione carismatico, se un po’ di carisma avesse avuto davvero avrebbe prima di tutto dovuto usarlo per governare il Partito, dato che – mi permetterai – non si può pretendere di governare il tutto se non ci si dimostra capaci di governare una parte (guarda caso la propria, nella quale il consenso dovrebbe essere almeno più facile, dato che più o meno tutti la pensano come te). È anche per questo che io non ho punte fiducia il codesto individuo, che ritengo solo un pallone gonfiato. Sì, lo so, mi dirai che è migliore di altri..., ma guarda, codesta non è punto una giustificazione rassicurante. Tutt’altro!
Insomma, voglio dire che non si può saltare dalla scuola elementare all’università. Il tirocinio intermedio è l’acquisizione della piena capacità di governare la propria parte politica. Anche perché non siamo in casa di amici a giocare ai Monòpoli. Chi governa un Partito ha nelle proprie mani la fiducia, i sentimenti, le aspettative, le legittime ambizioni di tante, tantissime persone che, sarà poco, ma non sono lì per caso; e altre centinaia, migliaia di persone che ti danno la propria fiducia, che mettono i propri destini nelle tue mani, col voto. (E aggiungo, perché sono cattivo: e ti danno da mangiare, a te e a tutta la tua famiglia!)
Ora, codesto bellimbusto e tutti i suoi lacché, dato che governare un partito non è facile, anzi è cosa assai seria, in specie se si vogliono vedere dei risultati, ha colto la palla al balzo per levarsi dall’impiccio: tutti nel calderone. Bel nome, anche PDL! I miei coglioni!. Tanto i voti lì ci sono. Se ne sono bellamente fregati di tutto quello che era stato costruito fino al giorno prima. Per cosa, poi, per fare i servi sciocchi di Berlusconi?
È di ieri, lo sai, l’ultima “esternazione” del Cav. sul tormentone mediatico di “Eluana”. Smentisce e contraddice quanto sostenuto da Fini tre giorni fa. E ora Fini che fa...
Ti dirò, caro Amerigo, io lo saprei cosa suggerire di fare a Fini, ma sono educato e non lo dirò.
Cordialmente,

Bruno Stepic

San Martino, 8 febbraio 2009



* Il Principio di Peter (1969) dice che in un’organizzazione “meritocratica” ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa cosa la si sposta a farne un’altra. Il processo continua fino a quando ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare – e lì rimane.

La situazione oggi è ancora più grave di come la descriveva Laurence Peter trent’anni fa – perché il concetto di “merito” è sempre più confuso. Le “promozioni” sono spesso dovute alla protezione di potenze oligarchiche, al gioco delle apparenze o a intrighi che hanno poco a che fare con la “competenza”.

Ed è purtroppo confermato dai fatti che molte imprese hanno gestito le aree “nuove” in modo distratto e superficiale, spesso assegnando a quel compito le persone meno adatte – nella sciocca convinzione che “la crescita comunque aggiusta tutto”. I risultati sono quelli che vediamo.

1 commento:

  1. ho letto, ho letto. sai quanto dispiace anche a me. penseremo a qualcosa.

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