sabato 25 aprile 2009

La Temperanza







Qualcuno ha scritto (vedi il fondo sul Sole 24ore di oggi) che il 25 aprile commemora quanti vollero la libertà e la fine di ogni dittatura. Non è proprio così. In vero quelli che più sparavano, blateravano e si sbracciavano e scrivevano sui muri ”libertà”, e facevano gara a chi faceva a pezzi – letterale – più avversari (padri spirituali e mandanti di quanti negli anni ’70 scandivano a gran voce che: “ammazzare un fascista non è reato”), non potendolo fare immediatamente, avrebbero di lì a poco sotterrato le armi occorrenti per instaurare la “nuova” dittatura, quella del proletariato... Ma lasciamo perdere, dato che tutti sanno, anche se in quest’Italia di ipocriti hanno sempre finto di non sapere, ancorché alla zitta preparassero il “Gladio”. Acqua passata!...
La questione oggi è un’altra. E potrebbe rappresentare, grazie all’insipienza (politica e alla pochezza culturale) di Franceschini, ed al suo pressing su Berlusconi circa il “25 aprile”, un ulteriore – e speriamo definitivo – passo verso la “riduzione” culturale della sinistra, e che più importa verso una reale e definitiva pacificazione.
Bene ha fatto Berlusconi ad accogliere il franceschinesco invito, bene ha fatto ad andare. Peccato che non vi avesse pensato egli stesso fin da subito. Ma forse, molto più intelligentemente del ferrarese, lui aveva compreso già nel ’94 che per conquistare il popolo della destra e quello moderato occorreva demonizzare la sinistra comunista. Forse solo intuitivamente aveva assunto lo stesso abito degli avversari. Così, oggi, egli va, invitato e sollecitato, e anzi, riparato politicamente dall’ospite circa eventuli, ma assai improbabili contestazioni estremiste (dato che si sa e si è sempre saputo di chi era la regia delle contestazioni estremistiche).
Io credo infatti, ancora semplificando, che Berlusconi, o chi per lui, dovrebbe addirittura pianificare (ammesso che nella sua mente residui qualche spazio oltre quello occupato nella cura della propria immagine, o che la questione della pacificazione nazionale possa rivestire un qualche interesse), dovrebbe pianificare – dicevo – da oggi in avanti, una grande festa nazionale. Una festa nella quale sia facile per tutti riconoscersi: la festa della Libertà (assai più onesto e “sincero” e preoccupato per il futuro mi è parso il discorso di Napolitano – forse a causa della generosità degli ottuagenari i quali incominciano a intravedere la vanità dei mali sentimenti –, nel quale quelle basi per una generale condivisione si potrebbero intravedere). Sarebbe, codesta festa, l’avvio di un lento ma inarrestabile processo di sostituzione, di vera e propria vanificazione in un “tutto” – “nulla equivalente”, capace di cancellare il residuo appiglio identitario per certa sinistra becera, cialtrona, livida di odio viscerale, sempre col filo di bava alla bocca, fomentatrice (col placet – se non la regia – della vecchia casta democristiana, della quale il F. è comunque degno erede) di cinquantennale divisione. Voglio dire: cancellare quel relativo, quel circoscritto che si è strumentalmente appropriato dell’assoluto: dato che il contenuto della liberazione è la libertà, e la libertà è un valore in cui tutti possono riconoscersi. Una intera nazione può riconoscersi. Laddove invece in gran parte rifiuta di identificarsi con il “processo” di acquisizione, la liberazione appunto, decisamente per tanti aspetti “assai opaca”, e decisamente strumentalizzata da chi, poi, la libertà – come tutti sanno – era l’ultimo a volere.
Occorrerebbe infatti, una volta per tutte, al fine di realizzare una vera pacificazione nazionale – ammesso che ciò sia possibile, cosa che molto spesso dubito assai –, ripulire il campo dal bieco manicheismo che ha impedito di fare definitiva chiarezza su un periodo della nostra storia. Vi furono certo (di qua e di là) persone oneste e in buona fede, ma vi furono anche criminali e malfattori. E, i “compagni” non hanno mai voluto riconoscerlo, non tutta la resistenza fu partigiana. Non c’è quindi nessuna linea verticale che separa il bene dal male, collocando a destra il male assoluto (come un cretino l’ha recentemente definito, proiettando fuori di sé, nella storia, il vuoto assoluto che forse l’ultimo neurone, come la nota particella di sodio dell’acqua Lete, vedeva all’intorno), ed a sinistra le schiere di angioletti, serafini, cherubini o giù di lì, come i comunisti hanno voluto rappresentare i vari Moranino più o meno noti e i compagni infoibatori dell’Istria titina. Un processo di santificazione generale a cui si apprestò subito il Togliatti, promulgando così presto l’amnistia, il cui prezzo fu sì rimettere in libertà qualche fascista (dei pochi rimasti vivi), ma principalmente mandare liberi e non sotto processo le centinaia, migliaia di compagni partigiani, e non, che si erano macchiati di crimini, dalle ruberie ai delitti più efferati. Tant’è!
Ora, noi, oggi (mi preme subito chiarire che codesto “noi” vuole significare quanti hanno a cuore che un serio processo storico, ciò non viziato in partenza da alcun pregiudizio, faccia luce con onestà e rigore scientifico sull’intero periodo della guerra civile, senza indulgenza alcuna per nessuno), ora, noi, oggi – dicevo – ci troviamo in una congiuntura a ciò assai favorevole, a patto che codesto processo si auspici e lo si intenda intraprendere. In primo luogo consideriamo assai favorevole l’insipienza politica e culturale dell’avversario, che offre occasione su occasione affinché un processo del genere possa essere attivato; poi consideriamo il ruolo non secondario giocato dalla nausa generata da più di mezzo secolo di retorica vuota e strumentale; poi ancora, gli effetti della globalizzazione, che, pur con le sue negatività, produce un generale rimescolamento delle carte (grazie anche all’opera di omologazione livellatrice e ad un tempo distruttrice dell’identità culturale operata dalla Tv, sempre più spazzatura); poi, ancora, agli effetti prodotti da una scuola che democristiani e comunisti hanno sfasciato, creando generazioni di cittadini e frotte di studenti sempre più ignoranti, i quali, allevati a forza di lavaggi del cervello su hapatheid in Sudafrica, Martin Luther King, canti dei neri in schiavitù, ecc., ecc., non sanno nulla o quasi, e che quindi sono più facilmente “rieducabili” (proprio come in quella tabula rasa che voleva il caro Che o il suo amico più cruento e radicale Pol Pot).
Del resto la storia non è nuova a simili processi “sostitutivi”: il Santo Natale ne è l’esempio più calzante; ma si potrebbe aggiungere una lunga serie di simboli pagani traslati felicemente in cristiani.
Del resto io credo che contro la malafede con cui alcuni distorcono la realtà ai propri fini e falsificano la storia (con la complicità di quanti per opportunismo abiurano la propria fede nella verità), si possa essere indulgenti col pizzico di spegiudicatezza cui faccio appello, dato che le “nuove” costruzioni devono poggiare su sane fondamenta. Visto che presto o tardi la terra può tremare...

Bruno Stepic

San Martino, 25 aprile 2009 – S. Marco Evangelista

P.S. Leggo fra le news che Berlusconi vuole equiparare i Repubblichini ai Partigiani. Ne deduco che Berlusconi non ha capito nulla. Come sempre gli piace strafare. Come i bambini bizzosi vuole tutto, subito! Fin quando qualcuno non gli molla un sonoro ceffone... A meno che, ripensando, non sia un piccolo tributo pagato alla destra di Storace, dato che le elezioni...
26 aprile 2009
No! Le cose non stanno proprio come "raccontate" nella news di cui al Post Scriptum di ieri. La proposta non è di Berlusconi ma parlamentare, ed il "puzzo" al riguardo viene tutto dal Franceschini (degno compare dell'Oscar Luigi!). Tant'è, al di là di valutazioni sulla opportunità politica che qui tralascio. Quanto all'esigenza di una festa della Libertà richiamata dal post ieri, certe cose si fanno, ma non è mica necessario raccontarlo prima!
b. s.


Fra le immagini ho scelto la Cristiana Temperanza, la stessa icona per i pagani era Ebe (qui di Canova, sopra; sotto del Thorvaldsens, altro scultore Neoclassico), figlia di Giove, poi cacciata dall’Olimpo per far posto a Ganimede, poi andata sposa ad Ercole. Ma, mi rendo conto, avrei dovuto scegliere la Prudenza, bifronte come Giano...

mercoledì 15 aprile 2009

Naranjas Navelinas







Mi domandi, forse con un po’ d’ironia, se mi occupo di botanica. Certo che no! Anche se devo dirti che dovremmo occuparci un po’ più di certe cose dato che immersi come siamo in una realtà sempre più “virtuale”, sempre più complessa, piena di contraddizioni, e di contro sempre più irrazionale, istintiva, viscerale, pericolosa, dovremmo fermarci, riflettere, fare il punto.
Tutti parlano e discettano di tutto: l’importanza dei fatti è data non dalla loro importanza intrinseca bensì dalla loro capacità di attrarre l’attenzione, di fare notizia. Cosicché colui che ascolta, che sovente è assai sprovveduto, è tratto in inganno, rischia sempre di confondere i piani, di mettere prima ciò che dovrebbe venire dopo. Oggi, a pranzo, la radio ci ha informati di un duplice omicidio in una villa: due coniugi, nome e cognome. Non poteva fermarsi lì (ammesso che fosse una notizia da diffondere a tutta una Nazione)! No, hanno continuato descrivendo il come, ovvero il cranio spappolato (No! Nessuna ferita da arma da fuoco), solo randellate... E si deve stare attenti a dire qualcosa, a rimostrare: subito ti danno del fascista, uno che vuole imbavagliare la stampa, che vuole impedire il diritto di cronaca. E’ così. Non c’è nulla da fare. Non più tardi di sabato scorso ho fatto un salto in un supermercato per prendere le ultime due cose. Erano circa le 18, il negozio affollatissimo, con difficoltà si passava fra persone carrelli e scaffali. Ma ecco, ad intralciare anche un giovanotto sui 38-40, che aveva appoggiato una donna, suppongo la fidanzata (una discreta biondina), ad un doppio cestone di arance (Navelinas) e, mani sulle chiappe, la pomiciava strusciandola (ancorché vestiti) con inequivocabile movimento del corpo dal basso all’alto in un reciproco pubico contatto, con lingua in evidente succulenta esplorazione orale. Lì, sotto gli occhi di tutti: grandi e piccini. Non nego di aver provato un forte disagio, per intendersi come se mi fossero caduti i calzoni e le mutande in mezzo ad una folla che mi osservava. Ma certo prendere a calci in culo la gente nei supermercati è proibito. E si badi che non sono punto un sagrestano moralista: direi, anzi, proprio il contrario.
Eppoi ti tagliano la strada, non si fermano agli stop, al semaforo approfittano per svuotare il posacenere o gettare i kleenex usati dal finestrino.
Non so cosa dire, e certo queste sono solo briciole quotidiane di una società che sta andando in frantumi. Ci penso e ci ripenso da tanto, credo solo che si debba lavorare, ciascuno nel proprio piccolo, per riaffermare (non dei punti fermi, che al momento già sarebbe chiedere troppo) ma la necessità di riaffermare dei punti fermi, dei paletti, possibilmente condivisi da ‘tutti’ (il riferimento ovviamente non è numerico ma politico), che segnino il confine del lecito e dell’illecito. Esigenza primaria non tanto per salvare roboantemente la civiltà, ma più modestamente la stessa convivenza civile. Condizione senza la quale si finirà presto per precipitare nel far west.
So che tu osserverai: – Ma la Legge? – Sì, certo, la Legge! Ma la Legge ha necessità di autorevolezza per contare, ha bisogno che vi sia chi convintamente la fa rispettare, ha bisogno della certezza della pena per quanti si rendono colpevoli e sono poi giudicati tali. Ma più ha bisogno che la si senta imperiosa dentro di noi come senso morale.
Mi auguro solo che quando si deciderà di mettere mano ai paletti il recinto non sia già completamente sfasciato. Ovvero che si decida si chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.
Ora, per concludere, non la botanica, né l’ornitologia o la geologia, ma una roccia, un tronco d’albero; un ramarro verdissimo e celeste o una qualche timida lucertola; le “raffiche” brevi di un picchio; il vociare sguaiato di una ghiandaia; il muschio; l’elleboro; i capolini gialli e l’odore pungente dell’elicriso (tra un paio di mesi) o l’odore delle foglie fradice dell’anno prima forse possono aiutarci a ritrovare quel “noi” profondo che viene da lontano, assai prima che i polivinilcloruri, i diclorodifelitricloroetani, gli ogm, le ong (e i vari Santoro) non ci rovinassero l’esistenza.
Un saluto cordiale,
tuo Bruno

San Martino, 15 aprile 2009 (S. Annibale)

I dipinti sono di J.B.C. Corot

lunedì 13 aprile 2009

Pasquetta





Sono piuttosto dispiaciuto per quanti, in quest’ultimo mese, hanno visitato il blog attendendosi una nuova paginetta e sono rimasti delusi.
Del terremoto non scriverò nulla, credo sia stato detto e scritto anche troppo. Di Santoro neppure, nemmeno un commento, dato che il personaggio non mi interessa e comunque non lascia alcuno spazio a considerazioni equilibrate: genera semplicemente opposti (atteggiamenti, sentimenti, prese di posizione). Non lo vedo differente dal tanto odiato Berlusconi, sua – apparentemente – unica ragione di vita. Ed opposti, per restare in tema, generano pure la Lega e Di Pietro, che fanno il pieno (almeno dagli ultimi sondaggi – Di Pietro passerebbe addirittura dal 4 al 9%). Costoro riempiono gli spazi lasciati vuoti da altri, attraendo col loro acritico e sommario giustizialismo: semplificando non vedo infatti differenza tra l’atteggiamento leghista (protezionismo reazionario ottuso e livido), e quello dell’Italia dei Valori, che almeno da quanto si sente e legge qua e là, vorrebbe offrire a Berlusconi e seguaci il medesimo trattamento che i Borghezio, i Calderoli e i Gentilini (http://video.google.it/videoplay?docid=-1596157768925833438) riserverebbero a Rom, gay ed estracomunitari. La crescita elettorale ed il seguito di costoro è alimentato ogni giorno da personaggi appunto come il Santoro, come i vari Travaglio e molti altri “personaggi” televisivi, di spettacolo (che danno un triste spettacolo), comici, pseudo comici, giullari e buffoni – per costoro è necessario attendere ancora un po’ di tempo: quando si accorgeranno che il Cavaliere è destinato a stare sul podio ancora per un pezzo, cominceranno certo a salire sul carro del vincitore come sempre hanno fatto i pagliacci –, i quali per audience oggi versano a fiumi benzina sul fuoco, fatto che, come si vede, porta i suoi frutti. (D’altra parte l’aver eliminato dalla scena movimenti politici “cuscinetto”, come ad esempio A.N. ha portato ad una diaspora sul fonte destro, il quale si è diviso fra chi non intendendo transumare verso i pascoli alti del Cavaliere, si è trovato a dover decidere tra la destra di Storace e la Lega – o, per altro verso Casini, vedi più avanti –. Ma a sinistra è accaduto lo stesso: la confusione di valori e punti di riferimento presente nel PD – gli ultimi sondaggi lo danno in sensibile ulteriore calo – e il disfacimento della sinistra più radicale hanno favorito – pro tempore – il forcaiolismo dipietrino). Vi è quindi una crescente radicalizzazione di posizioni che certo non porterà a nulla di buono. Anche perché l’impotenza genera sempre reazioni irrazionali, proprio come accade quando si nega qualcosa o si limita uno spazio ad un pargolo generando in lui, povero di strumenti alternativi, una bizza isterica. Mi auguro che codesto “isterismo” infantile di una sinistra radicale impotente e quotidianamente aizzata non ri-generi terrorismo – l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno – anche per la reazione che innescherebbe.
Certo a leggere qua e là, nei Forum in rete, il pensiero di molti nostri connazionali verrebbe da preoccuparsi, proprio a causa di tutte codeste acritiche e sempre più radicali contrapposizioni. Viene la paura dell’impossibilità del dialogo (condizione fondamentale, irrinunciabile addirittura in ogni società che intenda definirsi civile), possa diventare via via più vasta e pericolosa per la nostra democrazia (quella sì, e non il Fascismo, che tanti deficienti vedono già dappertutto).
Epperò, poi, il buon senso suggerisce che tradurre il particolare in universale è impossibile oltre che sciocco, e che quel medico (alcuni sanno a chi mi riferisco) che ascoltando l’opinione di tre o quattro pazienti in ambulatorio presumeva di sapere cosa pensava la gente, era assai imbecille. Infatti sempre codesti sondaggi, citati da Radio 24 stamani danno in crescita il PDL di 4 o 5 punti percentuali, che lo porterebbero al 42-43%. Ma danno in crescita che il partito di Casini, che forse si riprende da AN quanti non vogliono andare col Cavaliere (ci si domanderà se è possibile ciò. A guardare le simpatie della Poli Bortone sembrerebbe di sì. Eppoi si deve considerare che AN è cresciuta con voti che venivano anche dalla ex Dc, voti che oggi potrebbero tornarsene da dove venuti).
Ad ogni buon conto, a me, questo andazzo proprio non piace, epperò, come molti, non posso farci un bel nulla, oltre lo stare a guardare cosa succede. Mi consolo (cosa che consiglio) con la continua meraviglia della natura, che ogni giorno rinnova il suo spettacolo (in questi giorni ho visto le prime Scilla bifolia – http://it.wikipedia.org/wiki/Scilla_bifolia , ovvero http://www.pieroweb.com/fiori/scillasilvestre1mini.jpg – di un colore azzurro elettrico incredibile), oppure con l’arte, che trasporta in un mondo ‘altro’, o cerco di trovare piacere in qualche buona lettura. E mi fingo, tanto per tirarmi su di morale, certo fatte salve le proporzioni, un po’ come il Machiavelli, del quale vi propongo un passo (assai noto ma sempre molto fascinoso e significativo) dalla Lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513.

Bruno Stepic
San Martino, 13 aprile 2009, lunedì di Pasquetta

[…] Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni, e quelli loro amori ricordomi de' mia: gòdomi un pezzo in questo pensiero. Transferiscomi poi in sulla strada, nell'hosteria; parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de' paesi loro; intendo varie cose, e noto varii gusti e diverse fantasie d'huomini. Viene in questo mentre l'hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, per l'ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m'ingaglioffo per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
[…]



Le illustrazioni sono Honoré Daumier

domenica 12 aprile 2009

Pasqua




























Auguro a tutti una buona Pasqua


Bruno Stepic
San Martino, 12 aprile 2009, Domenica di Pasqua


P.S. Ho scelto una immagine di Piero Della Francesca perché lui non concede nulla alla frivolezza, nemmeno una pennellata. Qui è tutto "numero", tutto pensiero rigoroso.

domenica 5 aprile 2009

Cristo entra in Gerusalemme, di Duccio di Buoninsegna



























Cari amici, non potendo scrivere offro a quanti visitano il blog una bella immagine di Duccio, in tema con la giornata.

Auguro a tutti una la buona Pasqua.

Cordialmente, Bruno



Qualcuno noterà: – ma la “prospettiva” è tutta sbagliata! Eppoi gli uomini sono più grandi delle case! E il Cristo addirittura pare che coll’asino cammini sopra il muro… E ancora la porticina… eppoi, eppoi…
Sì, tutte osservazioni giuste. Giustissime. E’ solo che il tempo non era ancora maturo perché ci si ponesse il problema (ovvero come risolvere il problema di una rappresentazione dello spazio coerente con quello che l’occhio percepisce). E l’artista utilizza la “prospettiva”, che c’è anche qua, per fini differenti dall’illusione del reale. Quello che qui accade non è sulla terra, ma in uno spazio ideale, illuminato dalla sapienza – e amore (che muove il Sole e l’altre stelle, dirà Dante) – di Dio (che è luce, appunto, o Sole, ovvero oro: quello che si vede nel cielo); ma poi la tavola (polittico, del quale questo è un riquadro) è tutta oro (come un gioiello donato all’Altissimo).
Insomma Duccio si serve di tutto quello che gli occorre per dire quello che deve. Non chiediamogli quindi di esprimersi con un linguaggio del quale ancora non si era sentito il bisogno.
Del pari credo che si debba non pretendere che pargoli e politici ci diano quello che non possono darci.