mercoledì 25 febbraio 2009

merito e competenza








Sono stato educato, politicamente intendo, in un partito politico dove non c’erano posti da spartire. Nemmeno nel lontano orizzonte. E quanto alle poltrone (quelle modestissime sedie regalate da qualcuno che acquistandone di nuove le avrebbe altrimenti gettate) nessuno le voleva, o quasi, dato che costituivano un impegno che andava dal tenere aperta la sezione o la federazione all’attacchinaggio dei manifesti. Ma l’educazione politica, cioè alla politica, non era in codesto. Costì si imparava l’umiltà e il “servizio”, che ciascuno dedicava gratuitamente ai “valori”, agli “ideali” che vedevano come fine l’interesse della Nazione e del suo intero popolo. Costì, nella emarginazione, ma pure nella esaltazione talora commovente che coglieva chi, andando per raccattare qualche soldo, si trovava in case dove qualche soldo andava magari portato, e dove, invece, si trovavano persone sorridenti, contente di vederti, di incontrarti e di offrirti quel poco che avevano per la nobile causa. E rammento le corse, con la macchina prestata da questo o da quello, con un cancelliere del tribunale al seguito, per raccogliere le firme sotto le candidature, al fine di poter presentare la lista. E rammento pure che un paio di volte, codeste firme, ce le dettero anche i “compagni” del Pci, nella rossa Toscana, affinché si potesse far danno ai democristiani.
Ora, tutti questi ricordi, mi sono tornati alla mente, perchè sono stato politicamente nutrito, dicevo, con l’idea che l’interesse generale, a cui tutti avevano il dovere di contribuire, meglio era realizzato se si riusciva a privilegiare la “competenza”, fondamentale in chi aveva il compito di amministrare la cosa pubblica; ovvero il merito, che ciascuno doveva acquisire con l’impegno e col sacrificio personale, necessari all’acquisizione delle competenze occorrenti al bene generale. Ora, ripeto, e intendo farlo anche se risulto (come dicono) prolisso e noioso, tutti questi ricordi, mi sono venuti alla mente, stamani, leggendo due articoli pubblicati da Libero, a firma di Salvatore Dama, PROVE TECNICHE DI PDL AN E FI SI DIVIDONO LE REGIONI a pag. 6 (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVVXP ) e PARTITO PESANTE: SETTE LIVELLI DI POTERE a pag. 7. (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVVXU )
In codesti due articoli, apprendo, ma già lo sapevo, che la logica che presiede alla formazione del Pdl è meramente spartitoria. Insomma, il solito mercato bovino. Uno a te, due a me. All’incirca così! Senza punto tenere conto che, per realizzare il vero interesse Nazionale, in un Partito che si rispetti e che codesto punto consideri come primo del proprio programma, occorrerebbe che il criterio fosse quello della competenza e del merito. Insomma, se il Partito è il medesimo, con un unico statuto, con contenuti politici e culturali condivisi da tutti, che senso ha codesta logica spartitoria? Certo, lo so benissimo, ma voglio essere volutamente ingenuo, dato che di furbetti ce ne stanno pure troppi! D’altra parte, qualcuno che recita il ruolo del grillo parlante... E il Fini, non era stato educato come me? E non aveva blaterato le stesse cose, gli stessi concetti... No! Si sono dimenticati tutto! Questione di affari, e poltrone. Ora rammento, anche prima doveva essere a codesto modo, ricordo il libro: Trizzino, Navi e Poltrone! Sì, ma allora... gli abiti dei moralizzatori, dei salvatori della Patria...
E certo che se poi qualcuno s’incazza, ha le sue buone ragioni, dato che sebbene non sia ammissibile, mai, che la “casta” politica faccia i propri porci interessi, questo risulta assolutamente insopportabile allorquando la Nazione versa in uno stato di crisi comatoso, o quasi. Una pietosa condizione nella quale, crisi mondiale a parte, proprio codesta categoria l’ha colpevolmente gettata, facendo di ogni tempo un tempo di vacche grasse. Privilegiando il proprio interesse e quello di amici, compari, conoscenti e benefattori all’interesse generale.
Un costume, anzi un malcostume, così generalizzato, cronico e dilagante, che non ha risparmiato nessuno, meno che mai i “moralizzatori di turno”, compagni ed ex compagni delle cosiddette regioni rosse, da sempre gestori di un articolato e pervasivo sistema di potere. Un socialismo reale (affaristico) da far impallidire, per la sua efficienza drenante, anche i forchettoni socialisti di un tempo.
E la cose non paiono punto mutare nemmeno con la nuova gestione Pd, dato che il Franceschini si è portato dietro, un vero esercito di amici ex Dc, tutte bravissime persone per carità! Come emerge chiaramente attraverso nomi e cognomi, competenze, provenienza leggendo l’articolo Primi schiaffi a Franceschini... di Luca Telese pubblicato ieri dal Giornale http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=KVG09 . Strano che nel Pd non ci fosse nessun altro all’altezza di coadiuvarlo.

Bruno Stepic

San Martino, 25 febbraio 2009

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