lunedì 9 febbraio 2009

Alleanza Nazionale, fine di un sogno (III)





Ho già scritto più volte che io non odio Berlusconi, né lo invidio (sono, codesti, sentimenti che io non conosco). Tengo a sottolinearlo, perchè intendo distinguermi – con chiarezza – da tutti i detrattori che hanno fatto del dileggio, della derisione, della beffa del Cavaliere, una vera ragione di vita (alcuni, data l’alta udienza che trovano, anche una remunerata professione).
Detto questo, da uomo di Destra, cosa che tengo a sottolineare con altrettanta chiarezza, dirò che il “nostro amico”, sta cominciando un pochino a disturbarmi. Con le sue prese di posizione, con le sue “esternazioni”, su tutto, per tutto, ha cominciato ad oltrepassare la misura del lecito. Del tollerabile. Qualcuno mi dirà: – Benvenuto! Altri, ridacchiando sotto i baffi, un sardonico: – Arrivi ora? Cosa posso rispondere; risponderò certo, pacatamente: – Perdonate, ciascuno ha i suoi tempi! E dire che fino a qualche giorno fa io lo difendevo (Attenzione compagni! Sono sempre convinto che non abbia bisogno di rubare le caramelle ai bambini nei parchi giochi), come del resto ho sempre difeso quelli messi alla berlina; quelli offesi e bistrattati da tutti; i barboni e i diversi... già, perché in fondo, se ci pensate, il Berlusca – a modo suo – è una specie di barbone, una specie di clochard preso a calci da tutti (oggi anche da Obama). Potrei aggiungere, e sono certo di non sbagliare, che molti connazionali (quelli per intendersi che manifestano per i clandestini disperati; i paladini dell’”accoglienza”, i passionari della carithas...), se potessero coprirlo con un lenzuolo marcio, putrido di vermi, se potessero addobbarlo con campanaccio delle vacche, col bordone e la zucca da pesci, avrebbero realizzato il sogno della propria vita, coronato solo, forse, dal piacere di prenderlo a calci nel culo, facendogli fare il giro turistico delle nostre amene città.
Sì, mi rendo conto, mi sono allargato troppo. Avrete pazienza! Infatti volevo parlare di tutt’altro. Di cose decisamente, almeno per me, più serie. Ma che farci... codesti buonisti continuano a farmi incazzare più del Berlusca (e crededetemi, ce ne vuole!).

In questi giorni ho continuato a riflettere (mica continuamente!) sulla questione del P.D.L. È chiaro. Berlusconi vuole il cosiddetto “Partito leggero”: una sorta di Comitato elettorale permanente, poco assai strutturato che snellamente si muove, si forma e si riforma di continuo sulle differenti esigenze che via via vengono còlte nella società. A Berlusconi, non importa pressoché nulla del futuro di questa Nazione. Berlusconi potrebbe benissimo interpretare Luigi XV, après moi, le déluge! Berlusconi non si preoccupa del dopo: deve fare bella figura oggi. Anzi, maggiore sarà il casino, lo sfascio (come è accaduto nella ex Jugoslavia alla morte di Tito), maggiore sarà il rimpianto di lui: quest’idea deve farlo addirittura impazzire!
E invece la nostra Italia, anche per il suo indispensabile rapporto con l’Europa, per la sua necessità di essere ed agire su un più vasto scacchiere internazionale, ha bisogno di una classe dirigente seria e preparata. Una classe dirigente (sia di Destra o di Sinistra) che può imparare, attrezzarsi solo attraverso un serio, duro tirocinio nelle sedi dei Partiti, nelle aule dei consessi amministrativi locali. È qui che infatti si impara a fare la politica, a misurarsi con gli altri sui problemi veri, quelli che si toccano con mano ogni giorno, in un immediato “interfaccia” con la gente. Quelle persone che si incontrano ogni dì per strada, che tu devi guardare negli occhi, alle quali devi rendere conto del tuo operato; quelle stesse persone alle quali poi vai a chiedere la fiducia di un volto, e sai che non puoi prendere per i fondelli. Insomma il Partito, che, come scrivevo ieri, deve essere governato, nel quale si incontrano le difficoltà di rapporto umano che si deve imparare a supertare; nel quale ci si imbatte nelle contraddizioni del nostro tempo, generate dei modelli proposti dalla politica che si scontrano spesso con le richieste “trasversali” dei comitati, che trovano intralcio nell’assetto normativo, che devono fare i conti con le disponibilità del bilanci locali, con le possibilità d’indebitamente degli enti, con i piani triennali degli investimenti..., che collidono con gli apparati burocratici... Insomma: in codesto mare si impara a nuotare. Chi non sa condurre la barchetta costì, non sarà mai in grado di condurre la nave più in là.



Ma torniamo al Berlusconi. A lui di tutto codesto non frega proprio nulla. Lui è il Partito. Anzi: l'état, c'est moi. Su lui si coagulano i consensi. Bastano i sondaggi per capire che aria tira, e mettersi con la poppa al vento stando attenti a non strambare: ma per quello bastano di nuovo i sondaggi! Epperò il “nostro amico” (e i suoi nuovi commensali, ex Alleanza Nazionale – per intendersi –) non considera punto che codesta – chiamiamola – azione ascendente del consenso, attiva una attesa, che non è solo di grandi parole, grandi chiacchiere, grandi fatti, opere... ma che principalmente si accende sul piano locale, sull’interfaccia immediata del consigliere comunale, circoscrizionale, provinciale ecc... sulla sede locale del Partito, sulle piccole cose di tutti i giorni: sul marciapiedi, sulla fognatura, l’illuminazione, le buche per la strada, la frana piccola o grande che sia; l’ingiustizia di quell’esproprio, il disturbo della pubblica quiete... le erbacce nel parco pubblico, l’argine che frana, i cassonetti davanti casa. Ecco il signor Berlusconi dimentica che la vita di tutti i giorni, della gente normale che guarda anche il Grande fratello, è anche questa, anzi è questa! Perché il voto lo danno a Lui, ma chiedono ad altri, a quelli che ci mettono la faccia. Perché la gente, i concittadini elettori, pretendono, a buon diritto, delle risposte alle legittime domande e richieste che avanzano.
Il consenso umorale, irrazionale (mediatico) è come l’amore a prima vista: dura poco! Occorre consolidarlo ogni giorno se non si vuole essere traditi col primo postino o tranviere che passa. E il consenso è sempre locale: abita di casa dove abita ogni elettore. Insomma, in tutto il suo sapere, il “nostro amico” pare non conosca la grande efficacia del “porta a porta” fatto non dai soliti rompi coglioni dei Testimoni di Geova, ma da seri e credibili giovani (più o meno) che chiedono e promettono, ma sanno che il “mantenere le promesse” è il loro primo interesse.

Bruno Stepic


San Martino, 9 febbraio 2009

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