

Sono senz’altro la maggioranza assoluta quanti sostengono che il bipolarismo costituisce un deciso passo in avanti rispetto al “mercato delle vacche” che il sistema proporzionale generava. E forse da codesto punto di vista può apparire necessario dar loro ragione. Ma la questione non mi pare sia definitivamente risolta una volta per tutte. E’ infatti nostro costume nazionale quello degli “innamoramenti”, salvo poi trovarsi ad affrontare repentine ed altrettanto irragionevoli inversioni di marcia. Ma l’amore, si sa, per sua natura è cieco ed irragionevole.
Io ritengo invece, pur non apprezzando punto i funambolismi ed i ricatti parlamentari operati dai partitini nella cosiddetta prima repubblica, che si debbano analizzare criticamente anche i difetti, molti ed evidenti, di questa pseudo panacea bipolare, a mio vedere una delle cause, forse anche la principale, dello stato di confusione e regressione culturale in cui versa la politica contemporanea nostrale e nell’insieme, in una sorta di perverso ping-pong, tutta la società di cui codesta è specchio e viceversa.
La questione “bipolare”, che si collega – decisamente – all’osservazione relativa alle “ideologie” (nell’ultimo post), mi pare meriti quindi una ulteriore riflessione. Ritengo infatti che – e mi permetto un esempio banale –, come per ciascuno di noi è necessario sapere dove si intende andare, allorquando si traggono gli abiti dall’armadio, anche nella gestione di uno Stato, per adottare provvedimenti normativi e strategie di governo, sia necessario (almeno) conoscere quali fini ci si prefigge di conseguire. A meno che non si intenda la gestione della cosa pubblica, una sorta di agnostica e puramente notarile gestione dell’esistente, indifferente ai bisogni reali, alle ligittime aspettative, a farla breve ai destini di milioni di persone. Insomma, forse è bene che non vi sia più la suggestione dei “modelli” ideologici: tutto sommato innaturali, limitanti ed inadeguate gabbiette all’interno delle quali si pretendeva di imprigionare tutta la realtà, ma non è certo bene che di contro si sia precipitati nel nulla, e che i cittadini di questo Stato non riescano manco ad intravedere un’idea, un progetto del proprio futuro in cui credere, su cui poggiare le proprie speranze, per la quale giustificare i propri sacrifici o per realizzare il quale mettersi con nuova lena al lavoro fiduciosi. Un fine, insomma, che in certo qual modo, al pari delle ideologie, ancorché assai più blando, certo meno ottuso, schematico e unilaterale, inducesse gli uomini a superare il proprio ristretto interesse particolare in funzione di qualcosa di più nobile ed alto.
Il fatto che mi inquieta di più, che più turba il mio senso civico e sociale, è infatti questa eccessiva tendenza alla divisione, alla frammentazione, all’individualismo; questo inespresso ma quotidianamente praticato pensare solo al proprio tornaconto, ad arraffare alla svelta quanto più possibile in un clima di qualunquistica indifferenza, in questa condizione da “o Franza o Spagna, basta che se magna”. Insomma, paradossalmente una situazione che pare proprio una conseguenza di

Così oggi che, per tutto, e addirittura nei partiti (i quali in quanto già “parte” dovrebbero accomunare al loro interno persone che intendono perseguire i medesimi obiettivi) è divisione e lotta, frammentazione personalistica, come accade in certi casi di naufragio, quando ciascuno cavate le scarpe annaspa sgomitando qua e là, incurante di altro che non sia la propria salvezza, che non sia il proprio interesse immediato (salvo rarissime eccezioni peraltro al solito confermative della regola).
E’ un fatto che nel sistema bipolare la parte centrale dell’elettorato, cosiddetta moderata (da noi in modo anomalo occupata tradizionalmente da elettori di ispirazione cattolica), sia determinante alla formazione delle maggioranze elettorali, va da se quindi che gli opposti schieramenti, di necessità, scolorano sempre più le propri impostazioni (fino a perdere ogni residuo connotato ideologico, fino a scopiazzare perfino i programmi) per accattivarsi il consenso di codesta esigua, eppure determinante area elettorale (la quale peraltro, essendo sensibilmente connotata da “ideologia” religiosa, costringe ambedue gli schieramenti ad atteggiamenti quanto meno ambigui sul piano della laicità dello Stato – ma questo certo è ancora altro problema –). Così è che le differenze non sono più punto di sostanza. Come accade in certe gelaterie, una stessa base viene diversamente variegata a seconda dei gusti del cliente. Questo finisce con lo spostare il problema dalla sostanza all’apparenza, all’effimero piacere del gusto, o dell’olfatto, o della vista... E la lotta non è più finalizzata alla realizzazione di un modello, al conseguimento di obiettivi o ad un progetto, ma alla mera conquista della gestione del potere da parte di opposti clan di una medesima casta. Proprio come accade fra le famiglie camorristiche del napoletano.
Così è che com’è successo nell’ultima tornata elettorale, nessuno sente più parlare di questo o

Ho più volte sostenuto, infatti, in questo blog, l’assurdità delle innaturali “ammucchiate” che hanno visto condensarsi forze da una parte e dall’altra che nulla hanno a che spartire come patrimonio culturale e politico: Peppone e Don Camillo, ovvero preti e mangiapreti, ovvero,

Si tratta purtroppo di ben più che segnali preoccupanti di un declino morale e civile che va "tingendo" ogni cosa; in una situazione così complessa, in un atmosfera così irrespirabile che anche le forze sane, che pure vi sono, risultano così annichilite a non essere capaci di coagularsi e spazzare via questa marmaglia di politicanti incapaci, di assoluti mascalzoni, meritevoli, come scrivevo qualche giorno fa, di essere presi soltanto a calci nel culo.
Bruno Stepic
San Martino, 30 giugno 2009, SS. Primi Martiri