venerdì 13 marzo 2009

Caro Ettore,...




Caro Bruno, chi ti scrive non è moderato nè radicale, nè "controtutti" nè assertore del "volemmose bbene", nè liberal nè liberista, nè giovane nè vecchio. E' la prima volta che ti scrivo ma seguo con interesse i tuoi scritti, a mio parere resi ancor più interessanti dalle illustrazioni che vi associ e che certo apprezzerei maggiormente se avessi letto qualche libro in più. Dicevo che io non sono molte cose, ma questo soltanto perchè da sempre cerco di essere semplicemente un uomo, nè ladro nè onesto, nè grande nè piccolo, modesto "mattone" di quell'Uno che riconosco nell'Umanità. Non credo al nazionalismo (lo trovo miope, oggi - ben diverso era per chi combatteva sulle pietraie del Carso) ed, allo stesso tempo, tremo all'idea di veder l'Italia solcata da muri, virtuali o di mattoni. Sogno un'utopia Internazionale (che mai sarà), e questo mi permette il lusso di non attardarmi nel gretto individualismo che affoga i miei simili; ben inteso, ciò che disprezzo è l'individualismo di chi ha qualcosa e vuole di più: altra cosa è il naturale individualismo di chi è costretto a rubare per fame o ad uccidere per ignoranza. Disprezzo i miei simili grassi e mai sazi. E ho paura (ma di quella che ti fa alzare la guardia e rispondere alle angherie) di fronte alla continua destrutturalizzazione del nostro mondo, della nostra Italia, della nostra coscienza. Sono qualunquista? forse. O forse è solo che non ci so fare tanto con le parole e riesco a dire meno di ciò che sento. Ma ciò che sento è che non ho più fiducia e voglio soltanto ribattere, finchè avrò fiato in corpo, nel mio lavoro e nella mia vita, che il mondo che mi viene offerto è una bugia. Ma voglio arrivare al punto, ti avrò annoiato. Pochi giorni fa ero uditore ad un incontro sul tema del "Pacchetto Sicurezza" e sulla sciagurata prospettiva di poter vedere uomini, donne e bambini irregolarmente presenti sul suolo italiano denunciati alle autorità da un medico. Non ti esprimo il mio disprezzo per tali manovre (è chiaro). Voglio solo raccontarti che, ad un dato momento, si è alzata tra i presenti una donna peruviana che ha detto: "Noi stranieri ringraziamo voi qui presenti che vi opponete alla negazione dei nostri diritti. Ma stete attenti a voi, Italiani; noi abbiamo visto succedere cose simili a casa nostra in altri tempi: questa è la strada per arrivare a togliere anche a voi i vostri diritti fondamnetali". E ho ancora paura. Ma non sono paralizzato.
Un abbraccio,

Ettore

Capraia Isola, 11 Marzo 2009





Mala tempora currunt
dicevano in tempi remotissimi, ma poi hanno continuato a dirlo e a ridirlo per “ogni volta di tempo”. Cosicché, mio caro Ettore, anche solo da ciò potremmo dedurre che i tempi sono sempre stati come il nostro, più o meno. E che gli uomini di buon senso e sinceri sentimenti ne hanno sempre sofferto, anche perché consapevoli di poterci fare ben poco. Forse quasi nulla. Ora io credo, amico caro, che invece, pur nell’assai circoscritta consapevolezza del nostro essere solo piccoli “mattoni” di un edificio decisamente grande del quale ci è peraltro impossibile percepire se non all’ingrosso le forme, che invece – dicevo – possiamo fare qualcosa. Possiamo credere innanzi tutto nella Legge, la quale segna il confine fra la civiltà (o almeno quella cosa che noi chiamiamo così) e la barbarie; possiamo e dobbiamo richiederne l’applicazione ed il rispetto; possiamo e dobbiamo invocare la giusta sanzione per chi non la rispetta (la cosiddetta certezza della pena); possiamo e dobbiamo fare tutto quanto codesta Legge ci consente di fare per cambiarla in una migliore allorquando riteniamo codesta Legge sbagliata. E questo per le cose piccole e grandi.
Ma dobbiamo altresì, caro Ettore, restare assai vigili, dato che in tempi torbidi come questi, è assai facile che qualcuno (non importa chi, di destra, sinistra, centro fa lo stesso) possa influenzarci o ancor peggio condizionare il nostro giudizio per suoi fini. Non dimentichiamo che siamo nel tempo dell’inganno, dove tutto o poco meno è falso, virtuale... Per questo ritengo che per onestà intellettuale e morale si debba fare lo sforzo di pensare con la propria testa. Di farci, con l’ausilio di essa, il nostro personale giudizio, sulle cose, sui fatti. Sono sicuro, da quanto colgo, che tu hai tutti gli strumenti che ti sono necessari per attingere il concetto della realtà che ti è necessario per giudicare in piena autonomia, in assoluta libertà. Dovrebbe essere così per tutti. Allora la democrazia avrebbe davvero senso. Ma dobbiamo contentarci dell’approssimazione che conosciamo.
Quanto alla Nazione (da non confondersi col nazionalismo) diciamo molto all’ingrosso che è una specie di persona molto complessa, che come una persona in carne ed ossa possiede certi requisiti fisici (da una parte vedo le caratteristiche fisico- geografiche, dall’altra vedo il popolo con le proprie intrinseche differenze, col proprio carattere regionale, locale...); poi immagino che codesta specie di persona della quale ho identificato or ora il corpo abbia una sua storia ed una sua cultura (e quindi intravedo la storia e la lingua e la cultura e le tradizioni, dove metto anche le ricette di cucina, dato che anch’esse fanno parte...); poi il senso morale (il corpo costituzionale – fondante – e quello legislativo...); insomma tutti gli attributi che via via posso cogliere di significativi.
Se poi, caro Ettore, ora io metto codesta persona Nazione così concepita intorno ad un tavolo o in un’assemblea, assieme a cento altre persone Nazione, godo letteralmente a cogliere le differenze che vedo, ed apprezzo tutto quello che percepisco di diverso, ritenendolo un bene prezioso per il “tutto” quello che sotto i miei occhi si compone si scompone, si articola.
Come sarebbe triste, caro Ettore, se diversamente vedessi davanti ai miei occhi “persone” Nazione tutte uguali, specie di cloni assurdi, a blaterare magari le medesime giustissime cose. Tutti concordi come idioti... Allora mi viene da pensare alla matematica, anzi all’algebra – rammenti? – ed alle “semplificazioni” dove 4/4 è uguale ad 1 ( e quanti ne portò il buon Noè nell’arca? Che non prese forse una sola coppia per ogni genere?) . Codesto deve fare paura. La logica inoppugnabile della matematica, che scaturisce dal razionalismo, padre dei Lumi, dei quali fu figlia la Rivoluzione del ’79. Codesto caro amico deve preoccupare. Codesta uguaglianza... il cosmopolitismo che ne deriva... l’egualitarismo acritico, incosciente della differenza: genitore di ogni “semplificazione”.
Io credo nella differenza, dunque. La ritengo un valore a cui non sono disposto a rinunziare, né in nome del socialismo né in quello del capitalismo, ambedue, guarda caso, internazionalistici, oggi mondialistici, nemici delle barriere e delle differenze (l’unica cosa a vantaggio del capitalismo multinazionale è il suo bisogno del numero... Ma non ci giurerei). Con tutto quello che comporta (ovviamente).
Quindi, caro Ettore, sarà gioco forza – a mio vedere – mantenersi in equilibrio precario tra due opposti nemici: da un lato quelli che timorosi di ogni mutamento son pronti a bruciare il diverso da loro, e dall’altro coloro che ogni differenza vorrebbero cancellare per avere un “cittadino” unico: vuoi consumatore acritico, vuoi numero indifferenziato nell’assurdo alveare socialista...
Ricambio il tuo abbraccio con simpatia,

Bruno Stepic

San Martino, 13 marzo 2009

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