lunedì 12 gennaio 2009

Vox clamantis in deserto

Due giorni fa, accennavo alla preoccupazione che i dirigenti nazionali (?) del Pdl sembrano avere per il consenso popolare: i gazebo si sono sprecati e, firme su firme, i cittadini coinvolti, fino ad eleggere alcuni delegati al congresso del costituendo Pdl. Addirittura i quadri dirigenti (locali) e gli amministratori (locali) dei due partiti che confluiranno nel Pdl (F.I. & A.N.) paiono (almeno sul momento) messi in ombra, non contare più nulla, in questa dichiarata caccia al nuovo, al sangue fresco della cosiddetta società civile.
Ma è davvero così? Sembra trattarsi come sempre della solita nube di fumo (negli occhi), del solito costume gattopardesco del bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla. Infatti i nostri "amici" (si fa per dire!) se davvero volessero sinceramente il realizzarsi della volontà popolare, l'affermarsi dei migliori della "cosiddetta società civile", di destra o sinistra che sia, basterebbe reintroducessero il voto di preferenza, cosa che si guardano bene dal fare (eppoi anche su questa benedetta fola della società civile ci sarà da ragionare).
E certo non possono rischiare che la pacchia finisca, che molti, migliori di loro (e mi si creda non ci vuole molto) arrivino a spodestarli, a dire loro, insomma, che devono tornarsene a casa.
E' la spia, questa (certo insieme a moltissime altre), della mediocrità imperante nel nostro Paese. La paura che il migliore prevalga, e ciò anche in quanti, come i dirigenti di Alleanza Nazionale, per decenni si sono risciacquati la bocca con frasi fatte del tipo: vogliamo il realizzarsi della meritocrazia... una società in cui nei vari settori prevalga la competenza... i migliori devono andare avanti... basta col livellamento verso il basso voluto dalla sinistra... Insomma, la paura che il migliore prevalga è per costoro (come dimostrano i fatti) un incubo vero e proprio: si procede solo per cooptazione, e viene cooptato solo chi ha dimostrato negli anni di essere "affidabile", ovvero obbedire, stare al proprio posto, non rompere i c..., e se è un po' cretino meglio con meglio, il pericolo che rappresenta da un lato è ben controbilanciato da cento altri vantaggi, e se poi è anche un po' cialtrone, poco importa: sarà meglio manovrabile o ricattabile.
Ecco la gara al ribasso, l'amore per la cosa pubblica considerata per decenni da tutti costoro "cosa nostra". Ecco il trionfo della mediocrità: perché la formuletta vale per tutti i livelli: se il bene della Nazione e del suo Popolo stesse tanto a cuore, si dovrebbe (presume l'ingenuo) in ogni forma operare per il primato della qualità, con ciò che ne consegue. Ma non è così.
In questi anni sono stato molte volte perplesso: non capivo come mai tutte le volte che emergeva qualcuno di valore (e credetemi avevo gli strumenti per valutarlo), i "vertici" si facevano in quattro per tagliargli le gambe, privilegiando talora cialtroni matricolati, o ribaldi d'ogni risma. Beata ingenuità (la mia), fin quando dai dai ho capito: come Agatocle, si dovevano"tagliare le spighe emergenti". Ma di codesta logica oggi si vedono e raccolgono i frutti. La mediocrità è imperante in tutti gli apparati dello Stato, non solo nel quadro politico, dato che codesta classe politica (invece di privilegiare il merito e la competenza come l'interesse nazionale avrebbe voluto) ha costruito e retto il proprio consenso sulle clientele, sulle tessere di partito e sindacali (altro capitolo da aprire), ha dilapidato il patrimonio pubblico e svuotato le tasche dei cittadini elargendo fiumi di denaro a questo e a quello; ha mantenuto artificiosamente in vita (con vero e proprio accanimento) aziende pubbliche e private (di amici e benefattori -ripagati-) che dovevano soccombere perché incapaci di stare sul mercato, ecc... Così, anche per questo, il "sistema" si è sfasciato, e ciò che ne resta è sotto gli occhi di tutti.
Certo il danno è difficilmente reparabile, e la mediocrità non è una carta punto vincente.

Bruno S.

San Martino, 12 gennaio 2009

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